Ormai c’è un drone per ogni necessità. Dai micro-droni trasvestiti da insetto che sorvolano la Striscia di Gaza alla ricerca dei soldati israeliani sequestrati da Hamas, fino a quelli che aggiungono più acqua alle nuvole per stimolare più precipitazioni lì dove ce n’è bisogno.
Il drone che annaffia le nuvole è stato sviluppato da un team del Nevada Desert Research Institute. L’obiettivo è combattere la siccità e stimolare la pioggia. Il meccanismo consiste nel sollecitare la pioggia attraverso particelle di ioduro d’argento. Dalle prime prove si è ottenuto un risultato del 10% di precipitazioni in più.
Secondo il sito In a bottle, Jeff Tilley, capo del team di ricerca, sostiene che “attraverso questi aerei senza equipaggio riusciamo a sparare sulle nuvole particelle di ioduro d’argento che facilitano il formarsi della pioggia”. Il processo viene chiamato “cloud seeding” (inseminazione delle nuvole). “Per ogni 25-45 ore di volo – continua Tilley – questo drone è in grado di sollecitare quasi un miliardo di litri d’acqua, quantità pari a circa il 10% del normale volume di pioggia che avviene in una precipitazione”.
Questa curiosa funzione di un drone dimostra come anche la ricerca scientifica utilizza le nuove tecnologie per trovare le giuste contromisure ai cambiamenti climatici.
Anche in Italia questa tecnologia ha trovato applicazione con il progetto “Levissima Spedizione Ghiacciai”, dell’Università di Milano in alta Valtellina, che ha come obiettivo studiare la fusione glaciale con le attrezzature di rilevamento aereo e l’occhio tecnologico di un satellite NASA per acquisire immagini ad altissima risoluzione e una stazione meteorologica che acquisisce dati energetici.