È di 2 a 1 il rapporto tra gli americani che sostengono l’idea di trovare un accordo che limiti il programma nucleare iraniano in cambio di un allentamento delle sanzioni e coloro che lo avversano.
A dirlo è un sondaggio commissionato da Washington Post ed Abc, che analizza il sentimento dei cittadini statunitensi proprio nel giorno in cui scade il termine fissato per chiudere l’intesa.
I segnali perché l’accordo si concluda nei termini auspicati dalla Casa Bianca sembrano esserci e mettono in secondo piano – almeno mediaticamente – le perplessità sollevate dalla maggioranza repubblicana al Congresso e dalla contestata visita del premier israeliano Benjamin Netanyahu, riconfermato premier da poche settimane.
Eppure, come rivela il sondaggio, anche tra i cittadini statunitensi prevale un cauto ottimismo nella strategia adottata sul dossier iraniano da Barack Obama. A fronte di un 59% che supporta l’accordo e di un 31% che vi si oppone, quasi 6 interpellati su 10 confessano di non essere convinti che un’intesa impedirà a Teheran di sviluppare armi nucleari.
DEMOCRATICI E REPUBBLICANI
Come prevedibile, a supportare l’accordo sono in prevalenza cittadini di orientamento liberale (7 su 10) e democratico (2 su 3). I repubblicani sono invece equamente divisi tra chi sostiene un compromesso con l’Iran (47%) e chi lo rifiuta (43%). Una scissione che, fanno notare alcuni osservatori, che segnala una forte distanza tra l’elettorato del Gop e i suoi parlamentari, che si oppongono in larghissima maggioranza a una siffatta conclusione dei negoziati tra la Repubblica Islamica e il gruppo dei 5+1. La commissione Esteri del Senato (dal 3 gennaio a maggioranza repubblicana come già la Camera) ha rinviato al 14 aprile il voto sul provvedimento bipartisan che obbligherà il capo di Stato a sottoporre al vaglio delle Camere l’eventuale intesa. Facendo slittare il voto dal 24 marzo al 14 aprile la commissione Esteri ha lanciato un segnale e ha anche evitato di essere accusata – almeno formalmente – dalla Casa Bianca di voler boicottare le trattative in corso. I voti sulla carta ci sono tutti, e se il 14 aprile il provvedimento passerà, il Congresso avrà 60 giorni di tempo per approvare o respingere l’accordo con Teheran.