Un micidiale mix di ambientalismo emozionale e vuoto di esercizio della leadership – colmato da Tar e procure – mette sempre più a repentaglio la sicurezza nazionale dell’Italia.
A sollevare il problema dalle pagine del Corriere della Sera è oggi il politologo Angelo Panebianco. L’occasione per discutere di un argomento trascurato, ma tutt’altro che secondario, è data da una notizia recente, passata un po’ in sordina, ma in un certo senso paradigmatica dello stato di salute del Paese: il sequestro dell’impianto satellitare Muos nella base americana di Niscemi, in provincia di Caltanissetta, che arriva poche settimane dopo una sentenza del Tar di Palermo che aveva dato ragione al Comune e ai vari comitati ambientalisti che, per svariate ragioni, s’oppongono da tempo alla realizzazione dell’opera.
Il Muos (Mobile User Objective System) è un sistema di difesa satellitare che il governo Usa ha deciso, d’intesa con le autorità italiane, di installare anche nel nostro Paese. Si tratta di un programma di comunicazione satellitare a banda stretta di nuova generazione del Dipartimento della Difesa per sostenere le operazioni militari Usa e Nato in tutto il mondo. Un’opera importante per l’Alleanza Atlantica, che è solo una parte di una costellazione di quattro satelliti operativi, di cui due negli Stati Uniti e uno in Australia, che consentiranno di rivoluzionare le comunicazioni militari e coprire l’intero pianeta, oltre che di accrescere in modo rilevante la capacità di individuare pericoli, in un momento storico in cui le minacce a pochi chilometri dalle nostre sponde (Stato Islamico, caos libico e non solo) non paiono mancare. In questo senso, l’impianto ha una grande valenza tecnologica e strategica e rafforzerebbe ulteriormente il ruolo centralissimo della Penisola nel quadrante euromediterraneo.
Detto ciò, per Panebianco, la vicenda pone tre aspetti “sconcertanti”. Il primo è che “la nostra sicurezza nazionale (di cui gli impegni con l’alleato americano sono un’essenziale componente) sia appesa alle decisioni di Tar e procure); che tali decisioni “siano prese sotto la spinta di un mobilitazione cosiddetta ambientalista”; e, soprattutto, “il silenzio delle nostre autorità nazionali”.
Il tema – e ci mancherebbe altro – non è per Panebianco quello di sacrificare la salute dei cittadini per la sicurezza. Per quanto riguarda ciò, anche nel caso specifico del Muos, ci aveva già pensato un’istituzione come l’Istituto superiore di Sanità a fugare ogni dubbio sulla presunta nocività del sistema di comunicazioni satellitari.
Semmai in gioco ci sono da un lato “la capacità del Paese di dimostrarsi un partner affidabile per i suoi alleati militari” (e non solo); dall’altro la nostra stessa sicurezza, perché “l’interesse nazionale italiano”, prosegue il Corriere, “ci spinge a chiedere un impegno della Nato sul fronte Sud assai maggiore di quello attuale”, che presuppone la fiducia di Washington. E “dopo la vicenda Muos – commenta Panebianco – con che faccia, con che credibilità potremo sostenere queste richieste?”.
Forse, “stabilire finalmente quali confini non possano e non debbano mai essere attraversati, superati, dalle magistrature, in quali ambiti siano soltanto i governo nazionali (in virtù di un mandato elettorale) a decidere, aiuterebbe a impostare politiche di sicurezza più efficaci” conclude il politologo.
In un momento in cui Palazzo Chigi gioca, anche con una certa audacia, la delicata partita delle riforme istituzionali per cambiare il volto del Paese, è forse questa la scommessa più grande che attende l’esperienza di governo di Matteo Renzi.