Ci sono anche numerose indicazioni in materia di opere pubbliche nelle slide di Carlo Cottarelli che il governo ha reso note la scorsa settimana a diversi mesi di distanza dalla loro definitiva elaborazione. L’ex commissario alla spending review – nominato nel novembre 2013 da Enrico Letta – ha concluso, come si sa, il suo incarico lo scorso ottobre ed è tornato a New York al Fondo Monetario Internazionale.
COTTARELLI, RENZI E LA NUOVA SPENDING REVIEW
Prima di lasciare, Cottarelli ha consegnato a Matteo Renzi il risultato della sua attività, i documenti redatti dai vari gruppi di lavoro tematici e il rapporto a sua firma (i dossier sono tutti consultabili al link www.mef.gov.it/revisionedellaspesa/rapportigruppilavoro.html). Il Presidente del Consiglio decisamente non ne è sembrato entusiasta (in un’intervista il giorno di Pasqua al Messaggero ha detto testualmente: “Non ho letto nelle carte di Cottarelli idee geniali: sono le solite cose che diciamo da decenni. Non vanno scritte, vanno fatte”). Nonostante ciò, le schede dovrebbero rappresentare il punto di partenza del lavoro dei due nuovi commissari, l’economista e deputato Pd Yoram Gutgeld e il professore dell’università Bocconi Roberto Perotti, che dalla spending review puntano a ricavare 10 miliardi di euro nel 2016.
UN VADEMECUM PER DELRIO
In totale si tratta di poco meno di mille pagine di consigli su come tagliare la spesa pubblica e rendere più efficiente la macchina dello Stato, tra cui anche diversi spunti che potrebbero essere utili al nuovo ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio.
Ecco la fotografia del settore e alcuni dei principali suggerimenti.
LO STATO DELL’ARTE
Il dossier sulla qualità degli investimenti pubblici si apre con un’analisi molto critica della situazione esistente oggi in Italia. Nel documento è scritto che “il settore delle opere pubbliche è afflitto dall’eccessiva lunghezza dei tempi di progettazione e approvazione degli interventi nonché da procedure di affidamento farraginose e poco competitive gestite da stazioni appaltanti sovente poco attrezzate. La stessa realizzazione delle opere è poi condizionata dalla scarsa qualità progettuale, dall’incertezza sulle fonti di finanziamento e dalla spropositata incidenza del contenzioso”. Da qui – secondo lo studio – una serie di effetti negativi: le “continue richieste di varianti progettuali e contrattuali, che comportano costi aggiuntivi” e “l’immobilizzazione di risorse finanziarie su opere ferme o irrealizzabili”.
LA PROGRAMMAZIONE DELLE OPERE PUBBLICHE
Uno degli obiettivi indicati dall’ex commissario alla spending review consiste nel “programmare meglio le opere pubbliche”. Per questo nei documenti viene sollecitata l’istituzione del “fondo progetti” e del “fondo opere” previsti dalla legge numero 229 del 2011 (“in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell’utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti”). Il provvedimento – mai pienamente attuato – prevedeva l’istituzione di due fondi distinti: quello sui progetti in cui far confluire le risorse per la progettazione e quello sulle opere, con le risorse per la realizzazione. Secondo il documento, “l’obiettivo è assegnare e trasferire le risorse pubbliche solo a progetti che raggiungano determinati livelli di maturazione”. Ad esempio, per ottenere un finanziamento dal fondo progetti si propone che si sia giunti alla fase dello studio di fattibilità o del progetto preliminare mentre, nel caso del fondo opere, che ci sia già il progetto definitivo.
MAI PIU’ OPERE FERME
Tra i principali problemi denunciati e affrontati nelle slide ci sono le opere ferme, quelle i cui lavori siano stati progettati o avviati senza però giungere all’effettiva realizzazione. Da questo punto di vista la proposta chiave si riferisce alle opere che siano state già programmate dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica), per le quali si richiede il rafforzamento delle azioni di sorveglianza, sia nella fase di esecuzione, sia in quella di messa in esercizio. Ciò al fine di “mettere in luce e contrastare le situazioni di inerzia amministrativa e tecnica che rallentano l’avanzamento degli interventi” e di consentire “il pieno conseguimento dei risultati dell’opera”. Cottarelli propone “il definanziamento automatico in caso di mancato avvio delle opere” e la loro messa in esercizio “entro i 90 giorni dal collaudo tecnico – amministrativo pena l’applicazione di sanzioni”.
CONSULTAZIONE PRELIMINARE SULL’OPERA
Sempre sotto il profilo della progettazione, nelle slides viene messa in luce la necessità di procedere ad “una fase di consultazione pre – progettuale per decidere se fare l’opera”. Secondo il dossier, infatti, lo studio di fattibilità (come strumento volto a far emergere le principali informazioni derivanti dall’effettiva realizzazione di un’idea progettuale) ha prodotto “risultati deludenti”. Da qui la proposta di sostituirlo con una consultazione preliminare che “dovrebbe avere ad oggetto tanto l’opportunità dell’opera quanto le sue caratteristiche”.
UNA SOGLIA PIU’ BASSA PER GLI APPALTI SENZA BANDO DI GARA
Per gli appalti di lavori si suggerisce di abbassare da un milione a 500mila euro la soglia al di sotto della quale sia possibile ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara. Nelle slides si legge che l’attuale soglia di un milione di euro “può risultare inopportuna sotto il profilo del rischio di corruzione e di infiltrazioni criminali, in quanto amplia significativamente la discrezionalità amministrativa nella scelta del contraente in una fascia di appalti che rappresenta nel mercato italiano oltre l’80% dei lavori aggiudicati”.
SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA
A tal proposito – per favorire le imprese e non gravarle di eccessivi oneri burocratici – si chiede che sia consentita “la riusabilità dei documenti comprovanti il possesso dei requisiti” per partecipare alle gare. L’obiettivo è far sì che “lo stesso documento possa essere utilizzato per la verifica dei requisiti nell’ambito di procedure di gara differenti, anche se espletate da stazioni appaltanti diverse, e dell’esecuzione ai fini della liquidazione dei pagamenti”.
LE MISURE DI MEDIO-LUNGO TERMINE
Il dossier elaborato dal gruppo di lavoro sulla qualità degli investimenti pubblici si conclude con l’indicazione di alcuni interventi da mettere in campo nel medio – lungo termine. Tra queste il miglioramento del sistema di qualificazione delle imprese, la revisione delle funzioni del responsabile unico del procedimento, la riforma del processo di raccolta dei dati sugli appalti pubblici e la standardizzazione dei contratti di partenariato pubblico – privato. Ultima misura sollecitata “il riordino della normativa in materia di contratti pubblici”, di fatto quel nuovo codice degli appalti e delle concessioni di cui si sta discutendo in queste settimane in Commissione Lavori Pubblici del Senato.