Le amnesie e le contraddizioni di alcuni politici e commentatori italiani stupiscono ormai poco, ma c’è ancora chi ama metterle a nudo. È il caso del Foglio, il quotidiano fondato da Giuliano Ferrara e diretto oggi da Claudio Cerasa, che prova a mettere ordine nella ridda di commenti che a seguito della sentenza della Corte di Strasburgo, che ha condannato l’operato delle forze dell’ordine della Penisola durante il G8 di Genova, ha scelto come bersaglio l’allora capo della Polizia, oggi presidente di Finmeccanica, Gianni De Gennaro.
IL COMMENTO DI BUTTAFUOCO
Solo una lettura superficiale dei fatti, però – spiega lo scrittore ed editorialista Pietrangelo Buttafuoco – può dare la stura ad alcune critiche nei confronti dell’ex prefetto, come quella del deputato e presidente del Pd, Matteo Orfini. “Senza” De Gennaro “e la sua sulfurea azione d’investigazione – ricorda l’intellettuale siciliano – non ci sarebbe stata la sconfitta di Cosa Nostra” con l’arresto di Tommaso Buscetta, realizzato nel 1984 dal giudice Giovanni Falcone e da De Gennaro. “Senza i suoi primi pentiti attraverso cui Falcone costruisce l’intelaiatura del processo – prosegue – oggi non sarebbero in carcere Totò Riina e i suoi corleonesi“. Però, aggiunge Buttafuoc, “Falcone è Falcone, il giudice. De Gennaro la vergogna, secondo le parole ” di Orfini, espresse in un tweet.
Lo dissi quando fu nominato e lo ripeto oggi dopo la sentenza. Trovo vergognoso che De Gennaro sia presidente di Finmeccanica.
— orfini (@orfini) 8 Aprile 2015
Buttafuoco riserva la stessa analisi a un commento di una delle firme di Via Solferino, Sergio Rizzo. “Indagato nella sua qualità di capo della Polizia – aggiunge lo scrittore –, processato e assolto, De Gennaro risulta estraneo alla macelleria messicana perpetrata alla Diaz. La responsabilità penale è salva ma la “responsabilità oggettiva”, nella prosa di Sergio Rizzo, ieri, in un severo colonnino di commento sul Corriere della Sera, lo condanna“, riconoscendone i meriti professionali, ma considerando al tempo stesso la sua carriera da allora in avanti forse inopportuna. Una valutazione singolare, per lo scrittore siciliano, perché non considera che Cosa nostra – che ancora nel recente passato ha provato a delegittimare l’operato di questo “servitore dello Stato” attraverso le parole di Massimo Ciancimino – si starà ora fregando le mani per la soddisfazione.
L’ANALISI DI BORDIN
Sempre oggi, un’altra firma “fogliante”, Massimo Bordin, già direttore di Radio Radicale, rileva alcune contraddizioni che riguardano l’atteggiamento nei confronti dell’ex prefetto. Poche settimane dopo i fatti di Genova, ricorda Bordin, “il Parlamento approntò… un comitato ad hoc per ascoltare i protagonisti delle vicende. Nessuno, tranne Rifondazione comunista, chiese le dimissioni del ministro dell’Interno o del capo della Polizia, che da poco era De Gennaro“. Poi De Gennaro, assolto dalla Cassazione per i fatti del G8, “dal Viminale andò al coordinamento dei Servizi segreti e il governo Monti lo vide sottosegretario con delega ai servizi. Il governo Letta lo nominò alla presidenza di Finmeccanica. Fu allora – ricorda il conduttore della rubrica Stampa e Regime su Radio Radicale – che venne di nuovo evocata la vicenda genovese, oggi di nuovo richiamata dopo la sentenza europea“. Tutto ciò, sottolinea il giornalista, ha dato vita a un duplice paradosso, dai contorni poco chiari. “Per gli incarichi di responsabilità dove De Gennaro avrebbe potuto in ipotesi reiterare il reato, per il quale peraltro è stato assolto, le critiche furono isolate. Da quando è a Finmeccanica sono cresciute“. E poi, conclude Bordin, sulla stessa scia di Buttafuoco: “Si fanno grandi proclami antimafia, ma i proclamatori plaudono alla messa in stato d’accusa di chi ha arrestato Riina, alla condanna di chi ha arrestato Santapaola, alle dimissioni di chi ha portato Buscetta in Italia“.