Mentre Sky racconta sul piccolo schermo i fatti che nel 1992, partendo da Milano, sconvolsero l’Italia, il capoluogo lombardo e il suo Palazzo di Giustizia sono tornati oggi al centro delle cronache. Stamane, all’interno del Tribunale meneghino, un imputato è entrato armato e ha sparato, suscitando così interrogativi anche sul grado di sicurezza nella città alla vigilia di un evento mondiale come l’Expo.
LA SPARATORIA
Il responsabile dell’assalto, Claudio Giardiello, è riuscito in un primo tempo a fuggire ed è stato poi arrestato dai carabinieri a Vimercate. I feriti sono stati due, mentre tre le vittime, il giudice fallimentare Fernando Ciampi, Giorgio Erba (suo coimputato nel processo sul fallimento dell’Immobiliare Magenta di cui Giardiello era socio di maggioranza) e il suo ex avvocato, Lorenzo Alberto Claris Appiani che nel processo era testimone.
LE FALLE
Ad essere sotto accusa è ora la sicurezza del Tribunale. Come è possibile che un uomo possa entrare armato in un Palazzo di Giustizia, per giunta di una città come Milano? Ma non solo. “Siamo rimasti chiusi per oltre un’ora, avendo informazioni solo da internet perché nessuno ha avvisato, quindi non c’è un piano di evacuazione o di allerta”, ha detto l’avvocato penalista Emanuele Perego che si trovava nel Tribunale di Milano durante la sparatoria. “Nessun segnale, nessun carabiniere che ci ha informato, è stata un’autogestione – ha detto – un fuggi fuggi”.
LA REAZIONE DEL MINISTRO ORLANDO
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando che ha annunciato il suo arrivo nel capoluogo lombardo per essere vicino la personale della giustizia ha commentato a caldo: “Non ci sono mai arrivate segnalazioni su un deficit nelle strutture di sicurezza. Bisogna capire se ci sono state delle falle”.
E secondo alcuni addetti ai lavori, tra i quali una cronista di lungo corso esperta di cronaca giudiziaria, ci sono state senza dubbio, dal momento che le telecamere di sorveglianza hanno ripreso Giardiello mentre mostrava all’ingresso un falso tesserino da avvocato.
IL PRECEDENTE
L’unico caso noto di sparatoria a Milano in un tribunale risale alla fine degli Anni ’80, in aula bunker, durante il processo al boss Angelo Epaminonda.
LE CRITICHE DELLA DIRSTAT
Sulle falle nella sicurezza si concentra anche il commento della Dirstat, una federazione indipendente di associazioni e di sindacati operanti nel pubblico impiego che si chiede “come mai un imputato possa varcare i limiti di sicurezza imposti ad un Ufficio Giudiziario, avendo una pistola carica”. Il gesto insano, prosegue la nota non lesinando critiche, “scaturisce soprattutto dal clima d’odio instaurato nel Paese in cui, tutte le categorie, sono l’una contro l’altra armate, per la politica conflittuale fra le classi sociali che scaturisce da disoccupazione, evasione fiscale e quant’altro… nonché per la mancanza di iniziative per lo sviluppo che crei posti di lavoro senza creare illusioni che ognuno si possa appropriare di ciò che un altro possiede (casa, reddito di cittadinanza – superiore alla retribuzione part-time – pensioni e lavoro) con una politica demagogica e vessatoria verso chi ha lavorato e lavora”.