Nel pomeriggio di martedì 15 aprile si è tenuto presso il Wilson Center di Washington Dc un incontro moderato da Robin Dunnigan, Deputy Assistant for Energy Diplomacy del Segretario di Stato USA, e presieduto dai principali rappresentanti delle compagnie petrolifere operanti in Europa, affiancati da analisti di geopolitica dell’energia in area MENA.
L’incontro si è focalizzato sullo studio delle strategie europee in materia di approvvigionamento energetico e relative politiche di sicurezza, attraverso un focus sulle fratture geopolitiche che ormai affliggono l’Europa orientale e mettono in discussione i vari progetti e le iniziative di medio/lungo termine che da anni sono state formulate in materia di sicurezza energetica.
Tra gli interventi susseguitisi nel panel dedicato allo stato di avanzamento del TAP (Trans Adriatic Pipeline) e del “Southern Corridor” (progetto ingegneristico di costruzione della pipeline del gas per connettere la lontana regione del Caspio all’Italia, passando per l’intera Europa meridionale e attraversando l’Adriatico), l’attenzione dei relatori si è focalizzata sulla crisi ucraina, sul nuovo ruolo che l’Iran potrebbe avere nella comunità internazionale dell’energia e sulle politiche di contenimento verso la Russia, ma anche sulle difficoltà riscontrate nel superare l’ostacolo politico/amministrativo di San Foca.
San Foca, località in provincia di Lecce e frazione di Melendugno, comune di 9000 abitanti della meravigliosa costa pugliese, è il luogo individuato quale migliore punto di approdo per il gasdotto, alla luce del minor impatto ambientale e paesaggistico calcolato.
Tanto gli analisti del Wilson Center quanto i rappresentanti delle compagnie impegnate nella realizzazione del progetto (a partire dalla British Petroleum) hanno discusso delle opposizioni politiche e burocratiche al TAP, avanzate dalla Regione Puglia, dalla Provincia di Lecce e dal precedente Ministro dei Beni Culturali, così come della forza del comune di Melendugno di frapporsi nelle pieghe delle numerose autorizzazioni amministrative e pareri richiesti, tanto da rappresentare un elemento rilevante di riflessione e un punto di notevole incertezza, al pari della questione ucraina, dell’instabilità che interessa l’intera regione MENA e delle strategie di disturbo al progetto indirettamente volute dalla Russia.
Si è poi affrontata la questione “nimby” e il rapido fiorire di differenti gruppi di pressione, organizzatisi con l’obiettivo di impedire ad ogni costo la realizzazione delle strutture di approdo e connessione alla rete italiana di quest’opera ingegneristica in grado di superare le pressioni sottomarine dell’Adriatico e le alture anatoliche ma molto più debole difronte alle sfide politiche e burocratiche all’orizzonte.
I rappresentanti dell’industria non hanno, comunque, perso occasione di rinnovare la fiducia riposta nel Governo Italiano e nella volontà, più volte ribadita da questo esecutivo, di perseguire una strategia energetica di rilancio e rafforzamento delle infrastrutture del nostro Paese, che potrebbe divenire il principale attore dell’Europa occidentale in ambito energetico e il più importante hub d’interconnessione tra oriente e occidente, ponte strategico verso la sponda sud del Mediterraneo.