Lo scontro tra Washington e Pechino si è ormai consolidato anche sul fronte degli armamenti militari. In questo campo, la Repubblica Popolare punta a insidiare la supremazia americana smerciando prodotti tecnicamente competitivi, ma a un costo enormemente più basso. Un esempio calzante è il mercato dei droni.
LE RAGIONI
In questo segmento, un reportage dell’agenzia Reuters rileva, da parte della Cina, un attivismo senza precedenti. Investimenti e ricerca stanno crescendo in modo esponenziale, con l’obiettivo di aumentare le esportazioni vendendo i propri aeromobili a pilotaggio remoto (Apr) a tutti quei Paesi che non possono permettersi tecnologia di livello più avanzato o ai quali le nazioni occidentali sono riluttanti a cederli.
UN VASTO MERCATO
Se è vero che la qualità dei droni cinesi (e delle tecnologie per il loro abbattimento, spiega il Washington Post) è ancora in ritardo rispetto a quella dei due maggiori venditori mondiali – Usa, appunto, e Israele -, la lista dei loro acquirenti stranieri aumenta di giorno in giorno, come dimostrano ad esempio gli affari con Nigeria, Pakistan ed Egitto. Col sostegno di queste commesse, si prevede che il più grande produttore cinese di droni, Aviation Industry Corp of China (Avic), possa diventare il venditore numero uno al mondo di Apr militari entro il 2023. Facile comprendere perché. Il costo di uno dei suoi droni di punta, Wing Loong (nella foto) si aggira su un milione di dollari, mentre l’MQ-9 Reaper di fabbricazione statunitense, al quale è stato comparato, ne costa circa 30.
I RIFLESSI GEOPOLITICI
Prevedibile, dunque, che Pechino sia in prima fila per accaparrarsi quote sempre più crescenti di un mercato, quello degli Apr militari, che Forecast International ha stimato in 942 milioni di dollari solo lo scorso anno, ma per il quale è prevista una crescita fino a 2,3 miliardi nei prossimi otto anni. Per molti analisti, si tratta di un problema con implicazioni non solo economiche. Mentre gli Stati Uniti hanno adottato finora una politica molto restrittiva per l’esportazione dei loro droni armati basata su equilibri regionali e rispetto dei diritti umani (li hanno concessi solo al Regno Unito ad alcune condizioni) – fanno notare gli addetti ai lavori – la Cina non ha voluto finora rendere note la propria linea in materia. Ma è noto, secondo fonti rilanciate da diversi media, che li abbia venduti ad almeno nove Paesi. È anche questo uno degli aspetti che preoccupa maggiormente uno degli alleati regionali di Washington, il Giappone, e che ha spinto il suo premier Shinzo Abe – in visita negli Usa fino al 3 maggio – ad annunciare lunedì scorso col presidente Barack Obama accordi militari ancora più stretti.