Oggi Claudio Cerasa sul Foglio nota che nel PD i “partiti regionali” sono in mano ai notabili locali, da Emiliano in Puglia a De Luca in Campania, o a militanti che non hanno nulla a che spartire con Renzi, come Rossi in Toscana, la Marini in Umbria, Comi nelle Marche, e in Veneto la Moretti che è renziana d’occasione come il presidente dell’Emilia Romagna.
Aggiungo io che in Liguria c’è una candidata sì renziana, ma in uno scenario di guerriglia; in Sicilia il presidente è un ex comunista cossuttiano in confusione; in Calabria un ex PCI che non ha nulla a che vedere con il renzismo; mentre nel Lazio c’è un saggio ex comunista. Cerasa ritiene che questa situazione contraddica il disegno del Partito della Nazione di Renzi. Non è così.
Il PD renziano non ha una base politico-culturale definita, e come tutti i partiti personali ha un “cerchio magico” di fedelissimi e recluta un personale politico trasversale sul terreno della gestione del potere locale. Nel PD ci sono anche persone e tanti giovani con un impegno politico serio, ma appaiono un corpo separato rispetto al concreto svolgersi della vicenda politica governata da Renzi e dai suoi soci.
Quale sarà il domani di questo partito è davvero un’incognita, come un’incognita è il destino dell’opposizione interna.
(questo corsivo è stato pubblicato da Emanuele Macaluso su Facebook)