L’America ha forse dimenticato i tragici fatti dell’11 settembre? La provocazione proviene da un repubblicano fuori dagli schemi (e dai giochi presidenziali), come il senatore John McCain. L’occasione per infiammare un dibattito già acceso l’ha data ieri la decisione del tribunale d’appello federale di New York, che ha deliberato che la raccolta di metadati delle telefonate di milioni di cittadini statunitensi condotta dall’Nsa, e rivelata al mondo dalla “talpa” Edward Snowden, è illegale, perché non autorizzata nemmeno dalla cornice del Patriot act, la controversa legge federale approvata dal Congresso per rafforzare i poteri di sorveglianza e controllo di polizia e intelligence proprio all’indomani del crollo delle Torri Gemelle.
RIFORMA DIFFICILE
Il pronunciamento arriva in un momento delicato. Nel 2013, la questione era giunta in tribunale su richiesta della American civil liberties union, un’organizzazione non governativa per i diritti civili. Con le parole di ieri, la Corte non si è espressa sull’incostituzionalità della norma, ma ha detto che l’Nsa ha operato violando la legge stessa. Una legge della quale, non a caso, si discute proprio in questi giorni. Un disegno di legge approvato nel 2011 estese sino al 1 giugno 2015, tra le polemiche, l’efficacia delle disposizioni contenute nel Titolo II del Patriot act (Enhanced surveillance procedure) e in una legge collegata (il Foreign intelligence surveillance act (Fisa) del 1978), le uniche soggette a possibile decadenza all’interno dell’act. Ora quella data è vicina e Capitol Hill dovrà decidere che fare. FInora, nessuno dei tentativi di riforma dell’Nsa è andato a buon fine da quando è scoppiato il caso Datagate. L’ultimo in ordine di tempo è avvenuto a dicembre 2014. Allora mancavano 60 voti perché il Senato prendesse in considerazione la riforma.
LE PAROLE DELLA CASA BIANCA
Oggi, invece, l’inatteso assist giudiziario della Corte può aiutare chi preme per il cambiamento, Nel frattempo la polemica sta assumendo contorni sempre più politici a discapito, dicono alcuni osservatori, della sicurezza nazionale degli Usa e dei suoi cittadini. Barack Obama (anch’egli criticato per alcune scelte in materia d’intelligence e cyber sorveglianza) ha fatto sapere, tramite il portavoce del National Security Council, Ned Price, che “la raccolta di metadati legata alla Sezione 215, così come è esistita finora, deve cessare. Bisogna creare un meccanismo alternativo, pur mantenendo i tratti essenziali di quel programma”. E anche Hillary Clinton, candidata forte del Partito Democratico a sedere nello Studio Ovale, si è detta sostenitrice di una riforma.
I NODI POLITICI
La vicenda però è complessa. Se è vero che anche in campo repubblicano ci sono esponenti che non amano troppo l’occhio sempre più indiscreto dell’intelligence Usa, la campagna elettorale è di fatto iniziata ed entrambi i rami del Parlamento americano sono proprio sotto il controllo del Gop, di certo non entusiasta all’idea di consentire a Obama di varare – tra gli applausi delle associazioni per i diritti civili e di alcuni Paesi come la Germania – un provvedimento di portata così significativa.
I TIMORI PER LA SICUREZZA
Poi c’è l’aspetto della sicurezza, evocato proprio da McCain e da altri esponenti repubblicani: la riforma auspicata da Obama potrebbe incoraggiare in futuro altri whistleblower come Snowden e inoltre sembra stridere fortemente con quanto accade nel resto del mondo. Proprio ieri, la camera bassa del vicino Parlamento canadese ha approvato una nuova legge anti-terrorismo che rafforza in modo marcato i poteri dei servizi segreti, autorizzati a esercitare un controllo inedito su internet e, per la prima volta, a condurre operazioni all’estero. Il governo di Ottawa ha sottolineato come le nuove misure siano la risposta necessaria per contrastare gli effetti nefasti del jihadismo. E anche nella Vecchia Europa, Paesi come la Francia e il Regno Unito (e in misura minore anche l’Italia) hanno da poco approvato provvedimenti che stringono le maglie del controllo, per garantire maggiori capacità investigative a Servizi, polizia ed organi inquirenti a seguito di casi come la mattanza nella redazione parigina di Charlie Hebdo. Negli Usa non va meglio. Solo pochi giorni fa, in Texas, si è rischiata l’ennesima strage ad opera di due lupi solitari ispirati dalla propaganda Stato Islamico, che ha dichiarato di avere circa una settantina di seguaci dislocati in 15 Stati americani. Per questo, sottolineano gli analisti più critici, forse non è ancora il momento di rinunciare ad alcuni punti forti del Patriot act. E, con esso, a maggiore sicurezza.