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Il viaggio secolare della sinistra. Dalla chiesa alla sacrestia.

Karl Marx, fondatore del socialismo scientifico
Karl Marx, fondatore del socialismo scientifico

Qualche cosa o qualcuno si aggira nella cultura politica nazionale. E questo qualche cosa, o questo qualcuno, non è lo spettro del comunismo agitato da Marx come una banderilla pronta a infilzare il corpo esausto del capitalismo, ma un gigantesco equivoco che sta intossicando e accecando, e non da oggi, gran parte della sinistra, o della sinistra vera, o della sinistra-sinistra.
La sinistra marxista, quella da cui nascono tutti i movimenti prima socialisti e poi comunisti fra la seconda metà del XIX e la prima del XX secolo, nutre una convinzione precisa: il proletariato è la “classe generale”, deputata a far compiere all’umanità il salto decisivo verso la società senza classi, verso il comunismo. Da questo si deduce che gli interessi del proletariato non sono di una classe, ma di tutta la società e, in prospettiva, dell’intera umanità. La solidarietà fra i proletari e con i proletari non è pertanto lo scopo, ma un semplice strumento dell’azione politica. E l’attività sindacale, vale a dire il miglioramento delle condizioni di vita degli operai all’interno della società capitalistica, non è che una mina posta sotto le fondamenta del modo capitalistico di produzione per farne scoppiare le “contraddizioni”. In questa ottica, il miglioramento delle condizioni di vita della classe operaia assume un aspetto escatologico proprio in quanto il comunismo rappresenta l’orizzonte storico (“già e non ancora”) dell’attività sindacale.
Nel Pci degli anni settanta c’è un’eco di questo punto di vista. Gli “equilibri più avanzati” di cui parla Berlinguer ammettono già l’ottica socialdemocratica, ma in una prospettiva storica dalla quale si scorge ancora, sia pure sbiadito, l’antico orizzonte. Il Pci di allora rivendica un ruolo nazionale, vale a dire di rappresentante di interessi generali: da questa ambizione nascono l’austerità imposta nelle fabbriche, la moderazione salariale della Cgil, la posizione intransigente sul piano culturale prima ancora che politico nei confronti della sovversione di sinistra non meno che delle minacce stragiste e golpiste della destra.
La crisi degli anni Ottanta del secolo scorso, la caduta del muro di Berlino e la globalizzazione si incaricano di liquidare questo patrimonio umano, politico e culturale. Nel volgere di pochi anni, al proletariato vengono strappati i gradi di guida del processo storico. Anzi: in Occidente la classe operaia viene avviata alla soluzione finale, a una endlösung spietata, generata da una tormenta storica che lascia come strascico ceti indistinti e indistinguibili da quel sottoproletariato senza significato di cui si legge in Marx.
A questo sconvolgimento, la sinistra comunista italiana reagisce rivendicando il valore morale della guerra perduta e rifiutandosi di ammettere la sconfitta storica di fronte al riformismo socialdemocratico italiano, mentre Craxi pretende a sua volta una resa senza condizioni con una linea non rispettosa dell’avversario e pertanto votata a far fallire ogni tentativo di sanare la ferita della scissione di Livorno.
Perduta la presunzione intellettuale del socialismo scientifico, la sinistra, non solo italiana in verità, ha provveduto prontamente a sostituirla con la presunzione morale. Con Marx, l’analisi economica sta a sinistra e l’indignazione morale sta a destra; con Fassina e Vendola le posizioni si capovolgono: gli indignados stanno a sinistra e l’analisi economica (peraltro non meno fallace di quella di Marx) sta a destra.
La ferma convinzione di capire la dinamica immanente dei processi storici viene sostituita dalla inossidabile certezza di rappresentare il bene. Parafrasando Brecht, sedersi dalla parte del torto è irrilevante, se torto o ragione non hanno domicilio nella posizione della panca ma nel cranio (o nei glutei) di chi si siede.
Eppure, ci sarebbe una soluzione. Rappresentare serenamente, in modo determinato e magari aggressivo gli interessi dei ceti subalterni. Senza pretendere di essere dalla parte della Giustizia. E, se si va al governo, cercare di individuare qual è il punto di vista dei lavoratori nel raggiungimento degli interessi generali. Diversamente, questa sinistra non renziana, antirenziana o post renziana corre un rischio serio: di trasformare la vetusta ancorché splendida costruzione  cattedrale del Pci nella sacrestia di una chiesa sconsacrata.


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