Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Le autorità cecoslovacche, secondo la agenzia Reuters, hanno bloccato il tentativo iraniano, recentissimo, di comprare compressori utili per le applicazioni nucleari, il tutto per un valore di 61 milioni di dollari.
Il governo britannico ha poi informato il “panel” dell’Onu che controlla l’accordo Iran-P5+1, il 20 aprile scorso, riferendo che aziende come la Tesa, la società per la tecnologia delle centrifughe in Iran, e la Kalay, sempre una società iraniana, stiano tentando di acquisire tecnologie nucleari evolute in Occidente.
La Kalay è di proprietà della Autorità per l’Energia Atomica dell’Iran, ed ha costruito gran parte dell’impianto di Natanz e quello di Fordow, a 95 chilometri a sud di Teheran.
Il trasporto dei pezzi di tecnologia nucleare “fine” sarebbe stato possibile tramite la rete di società aeree legate alla Mahan Air, che ha affittato alcuni Airbus da società basate in Occidente, evitando così le sanzioni.
La Mahan Air è legata alle Guardie della Rivoluzione iraniana e ha usato anche, come società di copertura, la linea aerea irachena Al Naser Airlines per acquistare, sempre evitando le sanzioni, aerei da trasporto presso produttori europei e Usa.
La rete iraniana delle acquisizioni illegali di materiale tecnologico sensibile è basata in Texas, soprattutto, e opera tramite la Bahram Mechanic, che possiede la maggioranza della Faratel a Teheran e della Smart Power Systems con sede a Houston, Texas.
La rete ha esportato oltre 24 milioni di dollari di componenti di microelettronica, utili naturalmente per il controllo delle attività nucleari.
In altri termini, ci possiamo fidare dell’Iran? Come ha detto Henry Kissinger dopo l’accordo di Aprile, non ci si può fidare degli accordi, ma dei loro modi di verifica.
Bene, e come sono previste le verifiche del “deal” tra il P5+1 e la Repubblica Islamica dell’Iran? Intanto, gli ispettori dipendono dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che non è omogeneo riguardo alla politica da tenere con Teheran.
Nel Consiglio di Sicurezza siedono almeno due alleati strategici dell’Islam sciita iraniano: la Cina e la Federazione Russa, e questo indebolisce non poco la potenza “analitica” degli ispettori.
I “parametri” dell’accordo, il testo ufficiale del “deal”, parlano di riduzione “approssimata” da parte dell’Iran di due terzi delle centrifughe già installate. E quelle nuove? E perché parlare di dati approssimati, quando tutto è ormai ben noto agli analisti?
La ulteriore riduzione, da parte di Teheran, delle riserve di uranio arricchito oltre il 3,7 % vale “entro” i prossimi quindici anni, che sono tanti, troppi, e strutturalmente inverificabili.
Il deposito monitorato dalla Iaea delle centrifughe e del materiale nucleare “in eccesso” non è chiaro: come l’Agenzia di Vienna monitorerà praticamente il materiale? E sarà solo la Iaea a controllare le strutture e l’uranio? O anche l’Iran?
Anche la disponibilità iraniana a non costruire altre strutture nucleari per quindici anni è improbabile, siamo sempre in un limite temporale incontrollabile da alcuno, e Teheran può sempre dire agli ispettori Onu che le strutture nucleari che sta costruendo saranno attive “solo” tra quindici anni, e tutto sarebbe apparentemente regolare.
L’Agenzia di Vienna avrà regolare accesso alle strutture di Natanz e Fordow, e le altre non scritte nei “Parametri”? E le tecnologie di verifica “aggiornate” sono o non sono note alla Repubblica sciita, che può quindi evitarle, modificarle, vanificarle?
Il testo dell’accordo, poi, prevede una durata di circa un anno tra l’inizio della probabile costruzione di un arma atomica da parte dell’Iran e l’allarme internazionale, il che è davvero troppo.
E se le sanzioni, che saranno rimosse in breve tempo contro l’Iran, dopo l’accordo con il P5+1 non vengono tolte rapidamente o in modo insoddisfacente, sempre secondo Teheran, l’accordo sul nucleare salta e viene denunciato dall’Iran?
È facile pensare, insomma, che la strategia globale di Teheran per quanto riguarda il nucleare militare-civile sia finalizzata non alla costruzione della “bomba”, che non riteniamo serva alla Repubblica sciita, ma all’armamento dei missili intercontinentali che sono l’asse della dottrina militare attuale di Teheran.
E quindi si tratta di vedere come la geopolitica della Repubblica Islamica dell’Iran legga, tramite l’armamento nucleare o quasi-nucleare dei suoi missili, alcuni capaci di un raggio di azione di 2000 chilometri, la sua espansione unificante per tutta l’area sciita, e per la egemonia nel Golfo Persico contro gli Usa e la Nato certamente, ma anche contro l’Arabia Saudita e i suoi alleati sunniti.
Se non si mette in correlazione la questione del nucleare iraniano con la dottrina strategica di Teheran, si rischia quindi di capire ben poco della questione, riducendola ad una trattativa di “polizia internazionale”, il che sarebbe l’errore più grave.