Il successo leghista ampiamente previsto (ma non con questi numeri) di Luca Zaia e della sua lista civica. La sconfitta altrettanto ampiamente prevista, ma ugualmente non in maniera così clamorosa, del Pd e di Alessandra Moretti. Il discreto quanto inutile risultato di Flavio Tosi che supera a gran fatica la sua linea del Piave ma non può certo ambire a guidare il centrodestra con quelle percentuali proprio nella sua regione. Infine il Movimento 5 Stelle che arriva faticosamente terzo, davanti di un soffio al sindaco di Verona e registrando il suo peggior risultato di queste elezioni.
Sono alcuni spunti di analisi sulle regionali venete forniti a Formiche.net da Roberto Papetti, direttore del Gazzettino, il quotidiano del Nord Est.
Direttore, l’esito finale è quello cui tutti pensavano ma non con queste cifre. E’ d’accordo?
Noi al Gazzettino l’ultimo giorno possibile abbiamo pubblicato un sondaggio della società Demos di Ilvo Diamanti che accreditava Zaia in vantaggio di 19-20 punti dalla Moretti; nonostante qualche malevola ironia con cui era stato accolto, è quello che che più si è avvicinato alla realtà. La vittoria di Zaia era prevista e prevedibile, ma è andata oltre le stime nella sua portata. La sua civica stacca di quasi 7 punti il Pd, senza considerare che c’è stata una sorta di seconda lista Zaia, quella di Indipendenza Noi Veneto, che ha raccolto il 2,7%.
Si aspettava una batosta del genere della Moretti? Il 22,8% come candidata e il 16,7% del Pd sono davvero un tonfo.
Prevedere un crollo così verticale del Pd e della Moretti non era facile; anche nell’ipotesi di sconfitta più pesante, veniva comunque data attorno al 30%. Ricordo che 5 anni fa venne considerato non soddisfacente il risultato del candidato di centrosinistra Giuseppe Bortolussi della Cgia di Mestre, che superò il 29%. Il 37,52% delle europee 2014 è distante un abisso.
Quali le ragioni?
La candidatura della Moretti era sbagliata e inadeguata. C’è un vizio di fondo del centrosinistra nella scelta del candidato governatore in Veneto, una sorta di vocazione minoritaria che spinge ogni volta i dirigenti a cercare di risolvere il problema pescando un jolly dal mezzo. Lo fecero con Massimo Cacciari nel 2000, poi con l’imprenditore Massimo Carraro, con Bortolussi e infine con la Moretti, anche se nell’ultimo caso il percorso è stato meno improvvisato e ci sono state le primarie; peccato si sia pensato comunque di supplire al percorso di crescita che deve fare il gruppo dirigente locale rivolgendosi all’esterno, all’eurodeputata molto telegenica e nota, confidando magari nel fatto che l’effetto Renzi fosse già di per sé una buona base per il successo. Questa strategia continua a rivelarsi un clamoroso errore che non si può addebitare alla Moretti, nonostante le sue piccole e grandi gaffes, ma a chi ha scelto di puntare su una candidata lontana dal territorio e che ha dovuto passare da tutti i comuni per farsi conoscere. Zaia e Tosi non ne avevano certo bisogno. Per vincere nelle elezioni amministrative l’effetto Renzi non basta se non è accompagnato da una classe dirigente adeguata, sia di partito che di amministratori.
A proposito di Tosi, come valuta il suo 11,9% quasi a pari merito con i grillini?
Ha ottenuto un risultato medio. Tosi aveva una linea del Piave, attorno al 10-11%. E’ riuscito a superarla, ma di poco, e temo che il suo 11,9% si rivelerà inutile per lui, consentendogli di portare solo 4 consiglieri in Regione, senza quindi poter condizionare più di tanto l’attività della giunta Zaia. Detto questo, non credo che si possa partire da tali numeri, peraltro in casa propria, come trampolino di lancio per lanciarsi nella scena nazionale, proprio come Tosi immaginava.
Il centrodestra ha stravinto grazie a Zaia e alla Lega. Ma Forza Italia è al 6%.
E’ un dato che si spiega soltanto dentro la forza di Zaia, così come quello dei 5 Stelle che in Veneto sono andati peggio che altrove. Il vero successo del governatore è stato proprio quello di riuscire a pescare sia nel voto di protesta che in quello di governo.
Il leghismo in versione Zaia, cosa ben diversa da quello salviniano, rappresenta la nuova frontiera del partito di maggioranza in Regione un tempo rappresentato dalla Dc?
Sì, è una lettura che si può fare. Zaia con la sua lista e la Liga Veneta in un certo senso sta incarnando la nuova Dc veneta, e questo detto però senza voler offendere nessuno e fare riferimenti storici improponibili. In questo momento la Lega ha due cavalli di razza, proprio come si diceva per i democristiani: Salvini e Zaia, il primo con una proiezione nazionale e una leadership nel partito incontrastabile, il secondo come amministratore del suo territorio capace di fare ancora meglio di Enrico Rossi in Toscana. Per ora mi sembra che questi due cavalli di razza siano compatibili nello stesso partito e progetto politico, bisogna però vedere come si evolverà la partita del centrodestra in futuro, ma può anche essere nell’interesse di Salvini schierare un altro soggetto politico di peso all’interno della Lega proprio come il governatore veneto. E questo considerando anche il fatto che in Forza Italia registra comunque un vuoto di leadership.