Già scabroso di suo, l’affare Rosy Bindi si è complicato. E ciò per la clamorosa intervista a La Repubblica del magistrato Raffaele Cantone, fortissimamente voluto alla presidenza dell’Autorità contro la corruzione da Matteo Renzi. Una intervista che, prontamente contestata dalla sinistra radicale, politica e giornalistica, potrebbe porre problemi anche ai presidenti delle Camere.
Allo scoppio delle prime polemiche sull’iniziativa della presidente della Commissione parlamentare antimafia di diffondere all’ultimo momento, sulla soglia del silenzio di fine campagna elettorale, una lista di 16 cosiddetti impresentabili, fra i quali il governatore poi eletto della Campania Vincenzo De Luca, i vertici di Palazzo Madama e di Montecitorio respinsero ogni invito a intervenire. Essi addussero l’impossibilità istituzionale e regolamentare di interferire nell’attività delle commissioni in genere, di quella antimafia in particolare per il ruolo conferitole dalla legge istitutiva.
Ebbene, il presidente dell’Anticorruzione non solo ha definito un ”errore istituzionale” e un “grave passo falso” quello della Bindi, ma ha avvertito come effetto un sostanziale deragliamento della Commissione antimafia dai suoi compiti. Che, nonostante i tanto decantati “codici etici” concordati nel suo ambito fra i partiti, e reclamati dalla presidente Bindi nella gestione della lista degli impresentabili, non deve fare “altro” che “studiare, cogliere nessi, indagare fenomeni”, ha detto Cantone.
Ora, se la presidente della Commissione parlamentare antimafia, sprovvista di “specifica competenza”, anche se mostratasi “capace”, prima dell’incidente con De Luca, “di impadronirsi –le ha concesso Cantone – degli argomenti e delle complessità dei nodi che è propria dei politici di alto livello”, ha finito per sbagliare, è francamente difficile sottrarsi ad una imbarazzante domanda. Che è questa: davvero i presidenti delle Camere, specie quello del Senato Pietro Grasso per la sua “specifica competenza” – direbbe forse Cantone – di magistrato antimafia di lungo corso, potevano restare indifferenti allo scivolamento della commissione bicamerale verso terreni e destinazioni improprie? Tanto improprie da esporre poi la Bindi non solo alle rumorose denunce giudiziarie di De Luca ed altri “impresentabili” dal fiato obbiettivamente cortissimo, data l’immunità che copre ogni parlamentare per le “opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”, come dice l’articolo 68 della Costituzione, ma anche alla censura di Cantone e alla cocente accusa politica di alcuni dirigenti del suo stesso partito di avere abusato del proprio ruolo istituzionale per consumare “vendette” e altre operazioni “di corrente”, in quanto esponente della minoranza antirenziana.
Non foss’altro che per tutelare il ruolo istituzionale della Bindi, prima ancora che della sua persona, i presidenti delle Camere avrebbero forse potuto o dovuto intervenire per consigliarle una certa cautela, anziché esprimerle privatamente la loro solidarietà.
C’è poi, naturalmente, il capitolo della sospensione dalla carica di governatore che comunque aspetta De Luca per effetto della cosiddetta legge Severino, a causa non del vecchio processo ancora in corso per concussione contestatogli dalla Bindi, ma di una condanna in primo grado per abuso d’ufficio. Un capitolo sul quale Cantone ha preannunciato sue proposte per il “miglioramento” della legge. Alla cui applicazione nel caso di De Luca, in termini prevedibilmente non immediati per consentirgli la nomina di un vice e degli assessori, e risparmiargli una sostanziale e illegittima “decadenza”, egli ha rivelato che Renzi procederà con il suo obbligato decreto di sospensione in modo tale da fare “giurisdizione”, da costituire cioè un precedente. In questo ruolo, adombrato in una intervista al Corriere della Sera anche dall’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi, coautore della legge Severino, lo “aiuterà tutto il meglio – ha detto Cantone – dell’Avvocatura dello Stato e dei giuristi” italiani.
“Tutto il meglio” perché occorreranno, per le prevedibili turbolenze in questo volo, buone cinture di sicurezza al capo del governo. Specie ora che al Senato si assottigliano ulteriormente i numeri della maggioranza, visto anche il passaggio dell’ex ministro Mario Mauro all’opposizione, e si aggravano nel partito di Renzi le tensioni per i risultati delle elezioni regionali.