Nei giorni scorsi scrissi che, pur considerando sbagliate le candidature di Paita in Liguria e di Casson a Venezia, e poiché al centrosinistra si contrapponeva il centrodestra, in dissenso e da non iscritto al Pd invitavo a votare i due candidati del Partito democratico. Anche perché io sono contro l’astensionismo e la scheda bianca (indicata da Susanna Camusso in Veneto e da Eugenio Scalfari).
Torno su questo tema perché Matteo Renzi, segretario del Pd, in un’intervista a La Stampa ha detto: “Casson, Paita, De Luca, Emiliano, Moretti: io in quelle scelte non ho messo bocca”. io e altri, di sicuro, possiamo dire che con quelle scelte non c’entriamo nulla, anzi io le ho criticate aspramente. Insomma, da elettori le abbiamo subìte perché non c’erano alternative. Ma come fa il segretario del partito, parlando di grandi Regioni (Campania, Puglia, Veneto e di una città che è l’Italia nel mondo, Venezia,) a dire che non ha messo bocca sulle candidature? La verità è che Renzi pensava di vincere dovunque e con chiunque. Invece il voto, nel suo complesso, ha messo in evidenza che il Pd renziano nelle realtà comunali e regionali, cioè sul territorio come adesso si dice, non c’è.
Come abbiamo scritto, nel Pd ci sono notabili, a volte anche degne persone, e cacicchi. Ma tutte le Regioni del Mezzogiorno adesso sono governate da Pd, così com’è. E Renzi dice che non è il suo partito. E con chi governerà il Sud che va sempre più a fondo? Un tema si cui torneremo.
Renzi a La Stampa, e ad altri giornali, ha detto che non c’è più “Renzi 2” e ritorna il “Renzi 1”. Il Rottamatore. E adesso rottama tutti i presidenti delle Regioni e tanti sindaci? E rottama anche chi guida il Pd nelle Regioni, nelle Province e nei Comuni? Costruisce un altro partito? Senza più primarie, dice sempre lui; vuol fare un partito di centro. Ma, dopo la crisi della Dc, nessuno è stato in grado in Italia di fare un partito di centro. E Renzi ha voluto l’Italicum che, con il ballottaggio, prevede schieramenti netti, uno al centrodestra e uno al centrosinistra.
A me sembrano tutte chiacchiere. Qual è la base politica culturale e il gruppo dirigente in grado di costruire un nuovo grande partito? Basta Renzi a farlo? Ho l’impressione che il risultato elettorale abbia messo in confusione il segretario del Pd e presidente del Consiglio.
Ci vuole altro. Occorrono analisi serie e spietate. Non solo sul risultato elettorale ma sulla società italiana e sulla crisi della politica che condiziona l’economia. Renzi pensava di essere lui la soluzione. Con queste elezioni, al contrario, i rischi di implosione del Paese e della stessa democrazia si sono, a mio avviso, accresciuti. Il “renzismo” non è certamente l’unico responsabile, ma vi è dentro. Per questo occorre un esame molto serio e distaccato.