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Il Corriere della Sera (di Bazoli e di Putin)

“Il Corriere della Sera o il Corriere di Putin?”. Non c’è troppo malanimo nel collega rizzoliano che sbuffa dopo aver letto quella che definisce l’ultima “putinata” del quotidiano diretto ora da Luciano Fontana che ha preso il posto di Ferruccio de Bortoli.

Da settimane gli addetti ai lavori scorgono una linea filo-russa che stride con la storia tradizione liberale e occidentale del giornale della borghesia milanese e con le impostazione di editorialisti del calibro di Angelo Panebianco.

L’acme del nuovo corso corrierista è stato toccato con la intervista a Vladimir Putin che è stata festeggiata al Cremlino con cinguettii su Twitter in cui si sono potute ammirare le foto di Putin intervistato dallo stesso Fontana e da Paolo Valentino. D’altronde l’afflato per l’intervistato si poteva evincere dalle prime righe della intervista.

L’atteggiamento cripto anti americano trova oggi nuova linfa addirittura nel pensiero di uno dei dominus della Rizzoli. Ovvero Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo e da sempre tra i punti di riferimento, non solo dal punto di vista della proprietà editoriale, per il quotidiano di via Solferino.

Pubblichiamo di seguito la breve conversazione della penna del Corsera, Aldo Cazzullo, con l’avvocato e banchiere bresciano:

«I popoli hanno pagato il salvataggio delle banche» scrive Papa Francesco nella sua enciclica «Laudato si’», dedicata al rapporto dell’uomo con la natura e agli squilibri ambientali, sociali, economici che mettono a rischio il futuro del pianeta. Viene naturale chiedere cosa ne pensa al più importante banchiere cattolico italiano, Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa San Paolo. «Non ho ancora letto l’enciclica ma solo le anticipazioni — premette Bazoli —. Posso però dire fin da ora che mi riconosco appieno, al cento per cento, nelle preoccupazioni e nei moniti espressi con forza dal Papa. I miei amici lo sanno: da tempo vado ripetendo che il riscaldamento della terra, causato dall’inquinamento, si rivelerà il problema più grave che l’umanità dovrà fronteggiare. La natura per secoli è stata al centro della riflessione filosofica e religiosa; oggi è assolutamente trascurata; l’enciclica di Francesco la rimette in primo piano». Poi però c’è la critica alle banche. «Quando si parla di banche si parla di esperienze totalmente diverse. Se parliamo di banche americane, il Papa ha senz’altro ragione — afferma Bazoli —. La crisi che l’America ha esportato nel mondo non è cominciata come crisi industriale, ma come crisi finanziaria; e le banche ne sono state una delle cause principali. Poi si può discutere se sia stato opportuno o meno salvarle. C’è anche chi sostiene che lasciar fallire la Lehman Brothers abbia aggravato la crisi. È dubbio se si siano provocati più danni ai poveri salvando le banche con il loro denaro, o se lasciandole fallire si sarebbero provocati danni ancora più gravi. Va ricordato comunque che le banche dell’Europa continentale sono state aiutate molto meno rispetto alle banche anglosassoni; e quelle italiane quasi per nulla».

D’altronde non deve stupire troppo se in questo periodo Intesa penda più su Mosca che su Washington. E’ notoria, ed esplicitata, la particolare avversione del gruppo capitanato dall’ad, Carlo Messina, contro le sanzioni occidentali contro Mosca per il caso Ucraina. Da tempo il ramo russo di Intesa è in prima linea nel sottolineare gli effetti economici negativi delle sanzioni per l’economia europea e per le imprese italiane.

Non è un caso, quindi, che molti altri capi azienda di società industriali e finanziarie italiane, Messina sia presente alla Davos russa organizzata a San Pietroburgo da Putin. Un ruolo di primo piano all’evento lo ha infatti proprio il capo di Intesa in Russia, Antonio Fallico.

Anche un altro bazoliano di lungo corso come Romano Prodi ha da tempo a cuore Mosca. Tanto che l’ex premier italiano ed ex presidente della Commissione europea sarà una delle pochissime personalità che avrà un colloquio privato con Putin a San Pietroburgo.

Quello che pensa Prodi, d’altronde, lo ha detto proprio ieri, come si legge sul Sole 24 Ore: “Questo sembra ormai un treno fuori controllo”, ha detto stimmatizzando la proroga delle sanzioni contro la Russia, con una critica netta seppure indiretta sia all’Unione europea che agli Stati Uniti.

Da presidente della Fondazione per la collaborazione dei popoli, visto anche le sue ampie e consolidare relazioni con la Cina, Prodi si sta stagliando come una sorta di novello Schroeder che lavora indefessamente tra Mosca e Pechino.

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