Nelle macerie di una Grecia fuori dal perimetro della moneta unica Washington intravede pericolose ripercussioni politiche, oltre che economiche. Sul banco degli imputati c’è la Germania, che con la sua miope politica del rigore starebbe ottenendo un duplice effetto negativo. Da un lato minare alla base proprio l’architettura costruita così faticosamente nel tempo da Berlino, perché la “piccola” Grecia rappresenta l’ultimo argine prima che anche Paesi di maggior peso e in sofferenza, come Spagna e Italia, possano seguire le orme dei “ribelli” ellenici; dall’altro, soprattutto spingere tra le braccia di Mosca un membro della Nato come Atene, con implicazioni di sicurezza per l’intero continente. Perciò, in queste ore gli Stati Uniti invece stanno intensificando la pressione sia sui creditori – in primis la Germania – sia su Atene per trovare una soluzione.
I TIMORI DI WASHINGTON
Poco più di una settimana fa lo scrittore e giornalista britannico Geoff Dyer avvertiva dalle colonne del Financial Times dei timori della Casa Bianca, manifestati in verità da tempo. “Per quanto Washington cerchi di mantenere un fronte occidentale unito nel sostenere le sanzioni alla Russia per la crisi ucraina, un default greco potrebbe fornire a Mosca la possibilità di seminare nuove divisioni tra gli alleati europei dell’America”. Un vero regalo al Cremlino, geopoliticamente parlando, commentò allora il quotidiano finanziario.
UNA NUOVA GUERRA FREDDA?
A causa dell’aggressività russa, il clima ricorda infatti sempre più quello della Guerra Fredda, ammettono sull’altra sponda dell’Atlantico politici come l’ex segretario del Tesoro Larry Summers e l’altro ieri anche lo stesso presidente Barack Obama in una telefonata con Angela Merkel.
La Casa Bianca è preoccupata dell’evolversi della crisi e perciò non intenzionata a lasciare che il Vecchio Continente imploda, sotto il peso delle sue contraddizioni. La mano tesa di Washington e della sua diplomazia arriva in in momento cruciale, come spiega Voice of America. Un momento in cui gli Usa provano il tutto per tutto per condurre a più sagge riflessioni la cancelliera tedesca e i falchi del rigore europeo. C’è ancora tempo per negoziare, ha ricordato più volte l’attuale segretario del Tesoro Usa Jacob Lew, richiamando Atene e Berlino a uno scatto di responsabilità. In gioco – spiegano gli analisti – non ci sono solo soldi, benché importanti, e nemmeno ottusi principi, ma la stessa stabilità dell’Europa e la possibilità che la Russia (e alle sue spalle la guardinga e alleata Cina) allunghino i propri tentacoli sul Vecchio Continente sfruttando la “falla” greca.
L’AVVERTIMENTO DI STRATFOR
Così come appare evidente a molti osservatori americani che la Germania rischia di trovare nella cieca adesione ai principi dell’austerity la causa stessa del proprio futuro declino. A crederlo è anche George Friedman, numero uno dell’agenzia di analisi strategiche e militari Stratfor, che, in una lunga analisi spiega che “finora la Germania ha proseguito nella sua politica di esportazione (un terzo delle sue vendite avviene nel mercato continentale) ed evitato una crisi estrema” dell’euro e della Grecia “puntando su una infinita serie di accordi con Atene”.
L’EQUILIBRIO DEL RIGORE
Anche se i greci non potevano soddisfare quanto richiesto, ciò andava bene a Berlino, perché gli consentiva di dire che il governo ellenico cedeva comunque alle politiche del rigore. Un modo per tenere in riga anche gli altri Paesi indebitati dell’Eurozona, come Madrid e Roma. “Per Berlino, Atene era una diga. Cosa ci sia dietro non si sa”, sottolinea ancora l’esperto d’intelligence con un riferimento nemmeno troppo velato alle “acque inesplorate” evocate il 27 giugno dal governatore della Bce, Mario Draghi. Ora questo fragile equilibrio rischia di rompersi e, se ciò accadrà, la Germania potrà biasimare solo se stessa.
IL COMMENTO DI GOOLSBEE
Austan Goolsbee, già capo economista nella Casa Bianca ora tornato a insegnare all’Università di Chicago, va anche oltre – scrive oggi Maurizio Molinari sulla Stampa – descrivendo questo scenario: «C’è chi pensa che la Grecia possa rimanere solo un problema greco, non sono d’accordo – spiega al Washington Post – perché se Atene lascerà l’Eurozona si innescherà un effetto-domino di shock che porterà altri Paesi europei a trovarsi in una situazione simile entro un paio di anni, penso probabilmente al Portogallo o anche all’Italia».