I timori di Washington sono fondati: la crisi greca che tiene banco in queste ore nasconde un enorme “rischio di natura geostrategica”, ovvero che l’Europa e l’Occidente perdano un Paese chiave, “corteggiato da potenze che non sono particolarmente amiche con l’Europa in questo momento”, in particolare “la Russia”.
A crederlo è l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, già commissario europeo per l’industria e l’imprenditoria nella Commissione Barroso II, oggi presidente dell’Istituto Affari Internazionali (Iai).
In una conversazione con Formiche.net – tenuta a margine di una conferenza organizzata ieri a Roma da Avio Aero e Iai – il diplomatico spiega perché i governi riuniti a Bruxelles dovrebbero valutare con preoccupazione un potenziale collasso di Atene non solo dal punto di vista economico.
Ambasciatore, la crisi greca è anche figlia del fatto che l’Europa sta un po’ smarrendo il suo senso originario, come ha detto ieri al Centro studi americani il ministro degli Esteri Gentiloni?
L’Unione europea sta vivendo una delle crisi più gravi dalla sua nascita, mai come in questo momento si è rischiato non solo per il futuro dell’Eurozona, ma più in generale per il futuro dell’Unione stessa.
Cosa comporterebbe un’uscita della Grecia dall’euro?
È un percorso sconosciuto. Non esistono regole per gestire una situazione di questo tipo.
Qual è l’epilogo più auspicabile per la Grecia e per l’Europa?
Il mio augurio è che si facciano tutti gli sforzi possibili per cercare di trovare un punto di mediazione.
Crede che l’Europa abbia ormai isolato Tsipras e Varoufakis?
Ho la sensazione che il governo greco stia ugualmente cercando disperatamente una soluzione.
Il governo però ha indetto un referendum. È stata la mossa giusta per mediare?
L’idea di chiamare un referendum per far pronunciare il popolo greco su un programma di quanto lo stesso popolo non so quanto sia al corrente ha una sua legittimità, ma il minimo che posso dire è che è stata sicuramente un’idea azzardata. Mi auguro però che se il referendum si fa, come ormai credo sia inevitabile, lo si faccia sulla base di una situazione diversa in cui il governo greco possa fare campagna non per il No, ma per sì.
Questo cosa presuppone?
Che nei pochi giorni che ci separano da domenica 5 luglio la situazione evolva per poter trasformare questa consultazione in un referendum “per” e non “contro” l’Europa.
I più critici sostengono che, anche se passasse il Sì, il Vecchio Continente rimarrebbe ancora ostaggio di vincoli ragionieristici di scuola tedesca. Limiti che non solo hanno ben poco di solidale, ma che tradiscono l’ambizione di diventare quegli Stati Uniti d’Europa sognati dai Padri dell’Unione.
Questo è probabilmente vero in parte, però dobbiamo tener presente che non ci sono soltanto il popolo e il Parlamento greco. Ci sono i popoli e i Parlamenti di altri, perlomeno, 17 Stati membri dell’Eurozona. E ci sono i governi che devono rispondere ai Parlamenti nazionali di tutto ciò che è stato fatto per la Grecia. In definitiva non bisogna tralasciare le sofferenze di Atene, ma nemmeno dimenticare i sacrifici dei Paesi che hanno contribuito a dare prestiti alla Grecia. Ciò detto, io mi auguro che in questo stadio della crisi prevalga una visione politica. Solo con quest’ultima possiamo salvare il salvabile.
A pensarla allo stesso modo sono gli Stati Uniti, che temono che la Grecia, che peraltro è anche un membro della Nato, se isolata possa cadere preda di sirene russe. Lo ritiene un rischio concreto?
Questo tipo di preoccupazioni sono più che legittime e fondate, perché è difficile fare previsioni su quel che potrà succedere in caso la crisi precipiti e porti a una Grecia fuori dall’euro. C’è un rischio di natura geostrategica che l’Europa e l’Occidente perdano un Paese chiave perché è ai confini dei Balcani, perché è vicino alla Turchia e perché è corteggiato da potenze che non sono particolarmente amiche con l’Europa in questo momento, penso in particolare alla Russia. Spero che i governi europei ne tengano conto nel prendere le decisioni che dovranno assumere nelle prossime ore. Non vorrei che si costringesse la Grecia a fare delle scelte disperate.