Nella primavera del 1955 Albert Camus intraprese un lungo viaggio in Grecia, che per lui era la vera culla della cultura mediterranea. L’unico incontro registrato nel suo tour è quello tenuto il 28 aprile ad Atene, “Il futuro della civiltà europea”. Lo si può leggere in un volumetto edito da Castelvecchi nel 2012 (con una bella postfazione di Alessandro Bresolin). Come si suol dire, le riflessioni del filosofo francese sono di bruciante attualità.
Socialista libertario qual era, Camus credeva nel federalismo europeo, e non in una scialba confederazione di Stati che avrebbe lasciato inalterato l’anacronismo rappresentato dalle sovranità nazionali, soprattutto in un contesto mondiale già segnato dall’internazionalizzazione dell’economia. Egli pertanto indicava in un’unione fondata sul rispetto delle diversità l’unica speranza per l’Europa.
La sua contrarietà alla divisione del continente in aree d’influenza era netta, pur sapendo che la storia stava andando in una direzione opposta. Forse anche per questo, dopo gli entusiasmi federalisti del primo decennio postbellico si allontanò dalla politica europea, non commentando nemmeno la notizia del Trattato di Roma (1957). La montagna aveva partorito il topolino.
Da allora a oggi molti passi sono stati fatti, ma l’Europa è rimasta una comunità di Stati in cui ognuno fa cinicamante i propri interessi e porta avanti il proprio sterile patriottismo. In questo senso, suonano profetiche le parole dell’autore dell’Homme révolté: “L’Europa è costretta da una ventina di lacci in un quadro rigido all’interno del quale non riesce a respirare”. Credo che Renzi questo lo sappia. Anche per evitare altre brutte figure, cominci perciò almeno a polemizzare apertamente con uno dei lacci odierni, forse non il più importante ma altamente simbolico.
Mi riferisco alla cattiva abitudine della Merkel e di Hollande di incontrarsi preventivamente e in separata sede per decidere le sorti dei loro partner. L’asse franco-tedesco aveva un fondamento storico-politico in un’epoca che ormai è alle nostre spalle. Nel tempo presente è solo manifestazione di futile arroganza. Peraltro, la Francia sarà pure una potenza nucleare, ma i suoi fondamentali economici non sono tanto migliori di quelli dell’Italia. Sull’autorevolezza di cui gode Hollande presso i suoi concittadini, poi, è meglio stendere un velo pietoso…
Insomma, caro presidente del Consiglio, è giunto il momento di mostrare un po’ più di coraggio politico e di autonomia di pensiero. Ci sono molti ingenui come il sottoscritto che ancora se lo aspettano.