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Cosa pensano (e come partecipano) i giovani. Rapporto Luiss-Fondirigenti

Come si relazionano i giovani italiani – futura classe dirigente – con le persone ed i luoghi tipici della vita adulta? È quanto cerca di approfondire la nona edizione del Rapporto Generare Classe Dirigente realizzata da Fondirigenti e Luiss Guido Carli, presentata questo pomeriggio a Roma presso Luiss Enlabs, che in questa edizione si focalizza sulla dimensione sociale delle giovani generazioni, indagando il loro rapporto con i luoghi della socializzazione.

CHI È INTERVENUTO

L’apertura dei lavori è stata affidata al presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, intervenuto in un video. I risultati sono stati presentati da Nadio Delai di Ermeneia e dal professor Antonio La Spina della Luiss. Mentre gli interventi conclusivi sono stati tenuti da Renato Cuselli, presidente di Fondirigenti e Luigi Serra, vice presidente esecutivo della Luiss.

I GIOVANI E L’ASSOCIAZIONISMO

Secondo lo studio, “il 60,7% dei giovani intervistati tra i 16 e 34 anni dichiara di non partecipare ad alcuna attività associativa”, con percentuali simili (61,3%) anche per i giovani tra i 16 ed i 24 anni. E – fenomeno ancora più significativo – il 45,8% dei 16-34enni sostiene di “non partecipare con una certa continuità ad alcun gruppo spontaneo” (cerchia di amici ,attività sportiva, colleghi di lavoro, volontariato). Di contro, il 39,3% dei giovani tra i 16 e 34 anni sostiene di “partecipare in qualche modo ad attività associative, meno i 16-17enni (33,1%), significativamente di più i 18-24enni (42,2%) e un po’ di più i 25-34enni (38,7%)”. Le associazioni vengono concepite come luoghi nei quali far riscoprire il “valore dello stare insieme” o nei quali perseguire “scopi comuni che da soli è difficile o impossibile raggiungere”. Si tratta di un associazionismo spontaneo, proveniente dal basso, privo di gerarchie.

LA DIMENSIONE FAMILISTICA

A prevalere nel proprio vissuto, evidenziano i dati, è anche la dimensione individualistica e familistica. Un giovane su quattro dichiara di “non sentirsi rappresentato da alcun soggetto” se non dalla cosiddetta “cerchia ristretta”, costituita dalla propria famiglia (55,0%), da se stesso (49,1%) o dal gruppo di amici (25,9%). Infatti solo il 35,8% dei giovani 16-34enni riconosce che le associazioni (imprenditoriali e sindacali) “servono a rappresentare gli interessi degli iscritti presso le istituzioni e nella società”.

IL FATTORE START-UP

Si fa strada, poi, un nuovo tipo di socializzazione, che deriva dalle attività inerenti alla costituzione, e all’eventuale seguente lancio, di una propria start-up: il 5,8% dei 16-34enni dichiara di “avere un progetto in corso o di aver messo già in piedi l’azienda”, mentre un 20,4% è orientato in tal senso ma “si trova in una fase in cui non sa da dove cominciare”. La percentuale di coloro che sono attivamente impegnati in questa direzione sale per i 25-34enni (8,1% contro una media del 5,8%),segno che il clima di questi anni spinge i giovani all’auto imprenditorialità, soluzione rischiosa, ma che rappresenta una modalità attraverso cui si manifesta la voglia di farcela.

REALE VERSUS VIRTUALE

La ricerca ha analizzato infine anche la commistione sempre più frequente tra dimensione reale e dimensione virtuale. Il 30% della giornata di un giovane è di tipo virtuale (tv, radio, smartphone, internet, etc.), per il resto si tratta di relazionalità reale alla quale viene attribuito “un significato più importante” rispetto alla costruzione di rapporti “liquidi” e intangibili: infatti 3/4 dei giovani intervistati riconoscono che “passare troppo tempo su internet non aiuta a sviluppare rapporti sani e reali con le persone”.

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