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Che cosa (non) cambierà con l’accordo Usa-Iran

Pubblichiamo di seguito la seconda parte dell’analisi del generale Carlo Jean; la prima parte, pubblicata ieri, si può leggere qui

L’accordo fra gli USA e l’Iran sul nucleare potrebbe preludere a intese più ampie sugli assetti geopolitici dell’intero Medio Oriente. Non credo che preluda a un mutamento delle alleanze di Washington a favore dell’Iran. Esso comunque già combatte in Iraq contro lo Stato Islamico. In Siria sostiene Basher al-Assad, che Washington vorrebbe cacciare. Ma non sa con che cosa sostituirlo e come evitare un conflitto civile di tipo libico. La mancanza di una decisione sugli assetti finali del Medio Oriente è il motivo per il quale Obama ripete che gli USA non hanno una strategia. Il collasso della Siria e dell’Iraq porrebbe sul tappeto la questione della creazione di uno Stato curdo, inaccettabile per la Turchia.

L’accordo che l’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Federica Mogherini, ha definito “storico” (come d’altronde aveva definito quello sulla ripartizione degli immigrati e rifugiati in Europa, che si è poi rivelato un flop) non aveva alternative. Esso modificherà in senso imprevedibile la situazione in Medio Oriente. Potrebbe provocare un maggiore attivismo dell’Iran, sostenuto, a breve termine, dai fondi bloccati dalle sanzioni e, a più lungo termine, dall’aumento delle esportazioni energetiche del paese. Secondo taluni esperti potrebbe segnare una rivincita dei conservatori iraniani, in particolare del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, e la caduta dei moderati, dato che l’utilità di questi ultimi è diminuita ora che l’accordo, tanto importante per l’economia iraniana è stato raggiunto. Le manifestazioni di gioia avvenute a Teheran per festeggiare l’accordo rendono, a parer mio, improbabile tale eventualità.

L’accordo sul nucleare e l’avvicinamento fra Washington e Teheran, nonché la sua temporaneità e il fatto che l’Iran rimarrà uno “Stato di soglia”, potendo costruire armi nucleari in poco tempo, potrebbe provocare una spinta alla proliferazione in altri Paesi, di certo in Arabia Saudita e in Egitto e forse anche in Turchia, preoccupata di non poter contare sugli USA per contrastare l’aumento dell’influenza iraniana in Siria e in Iraq.

Dubito che l’accordo sul nucleare possa influire più di tanto sulla lotta contro lo Stato Islamico, in cui l’Iran è già impegnato al massimo in Iraq, mentre in Siria sostiene Assad e la sua ambigua politica nei confronti dello Stato Islamico con finanziamenti e rifornimenti. La situazione in Siria sarà maggiormente influenzata dal quasi certo intervento della Turchia e da un possibile mutamento della politica di Mosca, preoccupata anch’essa dell’ambiguità della politica seguita da Assad nei confronti dello Stato Islamico e al tempo stesso timorosa del rafforzamento di quest’ultimo nel Caucaso settentrionale.

Insomma, l’accordo può essere definito storico solo in quanto scompiglia le carte in tavola nel Medio Oriente. Potrà influire, indirettamente, sul comportamento dei vari attori geopolitici della regione, che peraltro erano influenzati solo marginalmente – con l’eccezione di Israele – dalla questione nucleare.

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