No, a Ignazio Visco la sortita di Matteo Renzi sull’abolizione dell’imposta sulla prima casa proprio non piace, come si evince dall’ampia intervista rilasciata dal governatore della Banca d’Italia a Claudio Cerasa e Marco Valerio Lo Prete del Foglio. Pur premettendo che “non commento provvedimenti che ancora non conosco“, Visco ha detto: “La casa è un asset che a livello internazionale viene normalmente tassato. Perché è un cespite che non si sposta, e perché la casa solitamente sfrutta servizi pubblici basilari che devono essere finanziati“.
Ovviamente, in stile Bankitalia, nessuna opposizione netta. Meglio toni soffusi, per non far sbuffare troppo il premier. Anche perché – come da tempo si dice tra gli addetti ai lavori e un po’ forse anche ai livori – il ricorso della presidenza del Consiglio in epoca renziana ai suggerimenti e ai consigli della Banca d’Italia è ridotto al lumicino. Non è del tutto azzerato, visto che ad esempio nel caso del decreto per la trasformazione in società per azioni delle banche popolari la sintonia fra Palazzo Chigi e Palazzo Koch c’è stata eccome, ma le sintonie degli anni passati, sia durante i governi Berlusconi (nonostante le ostilità di Giulio Tremonti), sia nei governi Prodi, Monti e Letta, sono davvero passati.
Sullo stesso tema bancario, e proprio sulle Popolari, al di là delle dichiarazioni di facciata, il commissariamento deciso dalla Vigilanza er la Banca popolare dell’Etruria non ha fatto per nulla entusiasmare l’entourage renziano. D’altronde le attenzioni del premier verso l’istituto sono attestati anche da alcuni poco gentili sms inviati da Renzi all’ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli (qui l’articolo con tutte le indiscrezioni e le ricostruzioni).
D’altronde, per tornare alle imposte sulla casa, le posizioni dell’Istituto centrale – fin da quando era governato da Mario Draghi – sono sempre state a favore. Basta dare un’occhiata, per restare ai documenti corposi più recenti, a un paper dell’ufficio studi della Banca d’Italia dedicato proprio ai tributi locali.
Ecco alcuni dei passaggi salienti:
Nell’ottica del decentramento fiscale, le imposte sulla casa presentano le caratteristiche ideali di un tributo locale: esse rispondono al principio del beneficio (chi paga l’imposta può mettere in relazione l’entità del prelievo con le proprie valutazioni circa i servizi forniti dall’ente), presentano rischi relativamente contenuti di concorrenza fiscale, forniscono un gettito relativamente stabile nel tempo.
Se si considera il sistema tributario nel suo complesso, le imposte sulla casa sono anche un importante strumento per il perseguimento di obiettivi di equità, poiché sono a minore rischio di evasione e possono essere utilizzate per colpire gli individui dotati di maggiore capacità contributiva.
Questa duplice funzione delle imposte sulla casa – tributo locale e imposta patrimoniale – rappresenta la griglia interpretativa che abbiamo scelto di utilizzare per ripercorrere l’evoluzione della fiscalità immobiliare in Italia, con particolare attenzione per le abitazioni di residenza.
Con l’introduzione dell’imposta municipale propria (Imu) nel 2012, le imposte ricorrenti sulla proprietà immobiliare in Italia si sono portate su livelli analoghi a quelli registrati nella media dei paesi dell’Unione europea. La fiscalità immobiliare locale è stata successivamente oggetto di ulteriori e frequenti interventi legislativi, che hanno condotto nel 2014 all’applicazione del tributo sui servizi indivisibili (Tasi).
Proprio in questa prospettiva, la stessa Banca d’Italia, in un’audizione tenuta lo scorso 21 aprile dal vice direttore generale Luigi Signorini, sul Documento di economia e finanza (Def) del governo, faceva notare:
La fiscalità immobiliare locale è stata ripetutamente modificata nell’ultimo triennio, da ultimo nel 2014 con l’introduzione della Tasi (in aggiunta all’Imu applicata sulla proprietà della prima casa di lusso e su quella degli altri immobili) e della Tari (in sostituzione della precedente imposta sui rifiuti, la Tares). Il PNR prospetta un’ulteriore riforma: nel 2016 entrerebbe in vigore la local tax, che accorperebbe l’Imu e la Tasi; con la nuova imposta si provvederebbe anche a riordinare tutti gli altri tributi minori di competenza dei Comuni. Il PNR non fornisce informazioni sulle caratteristiche del tributo. Sebbene una semplificazione e razionalizzazione della materia sia auspicabile, è essenziale che si giunga finalmente a un assetto permanente, dati gli alti costi dell’instabilità normativa per i cittadini e per le stesse amministrazioni.
Insomma Bankitalia plaudiva alle idee di poche settimane fa del governo Renzi per un accorpamento dell’Imu e della Tasi che, se si comprende bene, sarebbero state un po’ rottamate dallo stesso premier nello scorso fine settimana…