Una colossale campagna di disinformazione mediatica con l’obiettivo di “rafforzare la posizione della Russia sullo scacchiere mondiale indebolendo l’Europa e la Nato”. È la strategia adottata dal Cremlino su Kiev (e non solo) secondo John Herbst, già ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina dal 2003 al 2006, oggi direttore del “Dinu Patriciu” Eurasia Center dell’Atlantic Council di Washington, influente think tank focalizzato sulle relazioni transatlantiche.
In cosa consisterebbe la propaganda russa? Quale la portata della sua minaccia? E quali i suoi effetti sulla stabilità politica ed economica dell’Occidente?
Sono alcuni degli aspetti analizzati da Herbst in una conversazione con Formiche.net durante l’odierna tappa romana di un suo ciclo di conferenze nel Vecchio Continente.
Ambasciatore, in cosa consisterebbe la propaganda russa sul conflitto ucraino?
Usa i media tradizionali, Internet – con Sputnik ad esempio o limitando l’accesso alla Rete – e le pressioni politiche ed energetiche per cercare di creare una sorta di paranoia interna al Paese riguardo le intenzioni dell’Occidente nei confronti della Russia. Controlla capillarmente tutti i mezzi, prevenendo o manipolando ofni informazione che vada contro i suoi interessi.
Quali sarebbero le ragioni?
In questi anni sono venute meno le motivazioni dell’ascesa di Putin al potere. Aveva promesso un Paese più prospero e più libero. Obiettivi falliti, che cerca di far dimenticare al suo popolo identificando un pericolo esterno. Ma ci sono anche altre ragioni che lo spingono a farlo. Il presidente russo è tremendamente ambizioso e pericoloso. Vuole cambiare le regole dell’ordine internazionale creatosi dopo la Guerra Fredda, per rafforzare la posizione della Russia sullo scacchiere mondiale indebolendo l’Europa e la Nato e ricreando una propria area di influenza non democratica, ossia piazzando governi compiacenti.
Come intende farlo?
Sa che deve tenere l’Occidente all’oscuro dell’obiettivo, che nasconde con una intensa propaganda. Alcuni degli scenari critici in cui la Russia ha un ruolo, ad esempio, vengono fatti passare per crisi locali, cercando allo stesso tempo di distrarre l’opinione pubblica su altri dossier che possono averla imbarazzata, come il caso dell’MH17. Una strategia che non viene ben capita in Europa e negli stessi Usa, ma che è molto chiara negli Stati dell’Est come la Polonia e i Paesi Baltici, che conoscono meglio la Russia.
Come si può contrastare quella che lei definisce disinformazione russa?
Non bisogna avere paura di pubblicare i dati, che ci sono, che dimostrano come il conflitto ucraino non nasca da problemi interni a Kiev, ma sia il risultato di ingerenze di Mosca, che ha armato e finanziato i ribelli al fine di destabilizzare il Paese e ha addirittura impiegato suoi soldati. I media devono dirlo chiaramente. Finora non tutti l’hanno fatto, anche a causa della posizione spesso debole di alcuni governi. Ma la minaccia inizia ad essere percepita con chiarezza.
Una parte della propaganda russa riguarda gli effetti delle sanzioni, di cui si lamentano molti Paesi europei, Italia compresa. Anche in questo caso i dati di Washington parlano di effetti limitati. Ma è davvero così? E poi: non esistono alternative alle sanzioni?
Le sanzioni sono uno dei modi più efficaci per costringere la Russia a fare un passo indietro nelle sue folli ambizioni e nel suo revisionismo che mettono a repentaglio la sicurezza dell’Occidente. Se la situazione si deteriorerà, il popolo russo non potrà accettare di essere governato in questo modo e per il Cremlino tutto si complicherà. Detto ciò, il problema non sono tanto le sanzioni, quanto le contro sanzioni messe in atto da Putin. Numeri che comunque non impattano in modo decisivo sulle nostre economie come il Cremlino vorrebbe far credere. Molti studi lo dimostrano.
Non è stato un errore espandere i confini della Nato e dell’Unione europea avvicinandosi così tanto a Mosca?
Ciò che Mosca però non dice è che sono quegli stessi popoli che un tempo facevano parte dell’Unione sovietica ad aver scelto un modello di vita differente. Potevano decidere se adottare il modello russo o quello occidentale. Hanno scelto autonomamente il secondo attraverso governi eletti e senza alcuna imposizione o violenza. Hanno scelto di essere Paesi prosperi e iberi, e bisogna rispettare questa loro inclinazione.
Lei che consigli dà all’Occidente?
Ci sono quattro mosse da attuare insieme: proseguire e se possibile estendere le sanzioni contro la Russia; dare sostegno militare, in particolare quello difensivo, all’Ucraina; rafforzare Kiev politicamente, aiutando il governo in questo lungo processo; e attuare una politica più forte della Nato, aumentando le truppe dell’Alleanza nei Paesi dell’Est. Se attuata, questa strategia lo costringerà a un passo indietro. Deve essere chiaro a Putin che non può oltrepassare l’Ucraina, anzi, deve retrocedere. Quel che accade nel Donbass ed è accaduto in Crimea rappresenta una violazione gravissima del diritto internazionale.