Hillary Rodham Clinton comparirà il prossimo 22 ottobre davanti alla commissione d’inchiesta della Camera di Washington sull’attacco contro il consolato americano a Bengasi dell’11 settembre 2012, che costò la vita all’ambasciatore Usa in Libia, Chris Stevens, e ad altri tre cittadini statunitensi: lo ha annunciato giorni fa Nick Merrill, portavoce della campagna della Clinton per la nomination democratica.
L’udienza sarà pubblica, non a porte chiuse. Una richiesta in tal senso era venuta dal presidente della commissione stessa, Trey Gowdy, deputato repubblicano per la North Carolina e membro dei Tea Party. L’ex segretario di Stato, che era in carica al tempo dell’assalto, ha discusso a lungo con la commissione della Camera per definire le modalità della propria audizione.
Proprio in questi giorni, la battistrada nella corsa alla nomination democratica è tornata sotto pressione per l’uso dell’account di posta elettronica privato mentre era alla guida del dipartimento di Stato. Sul New York Times, è spuntata pure l’ipotesi di un’inchiesta penale, ma il Dipartimento della Giustizia ha poi costretto il quotidiano a correggersi, smentendo ogni deriva penale.
Un’inchiesta non penale dovrà fare chiarezza sulle ombre che ancora avvolgono la vicenda e che riguardano, in particolare, la segnalazione da parte dell’intelligence di quattro e-mail contenenti materiale secretato e che richiedevano perciò una gestione particolare. Non è però chiaro se la Clinton, che ha sempre sostenuto di non avere gestito informazioni riservate sull’account personale, fosse consapevole della natura riservata di quei contenuti, cioè se le informazioni nelle e-mail fossero state segnalate come segrete dal Dipartimento di Stato.
Nel caso l’inchiesta scagionasse l’ex segretario di Stato, lo ‘scandalo delle mail’ si sgonfierebbe, togliendo ai repubblicani un’arma con cui colpirla quando sarà eventualmente diventata la candidata democratica alla Casa Bianca.