“Chiedo al generale Tullio Del Sette di ripensarci e di rivedere la sua decisione. L’Italia ha bisogno di uomini come il capitano Ultimo”. Questo l’auspicio che Rita Dalla Chiesa, figlia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e carabiniera nell’animo, confida a Formiche.net. “Sono cresciuta in una famiglia in cui ci sono stati impartiti valori come il rispetto per la giustizia e per lo Stato. Questa decisione non credo rispetti un uomo che per l’Italia ha fatto e continua a fare tantissimo”.
La conduttrice tv si schiera quindi dalla parte di Sergio De Caprio che da metà agosto non può più svolgere funzioni investigative. Sì, non può più fare indagini, non può più cercare nei meandri della nostra società, non può più scoprire, sollevare il marcio. In compenso a Ultimo resta il grado di vicecomandante del Noe (Nucleo Operativo Ecologico), non cambiano in sostanza le “V” sulla divisa, in base alle quali si misura il valore di un carabiniere. Il provvedimento rientra in un piano di riorganizzazione del personale dell’Arma, così vuole il comando generale e così è al momento.
De Caprio non ha bisogno di presentazioni, è quell’uomo che nel 1993 ha messo le manette a Totò Riina segnando la storia del nostro Paese e accaparrandosi una condanna a morte, da parte di Cosa Nostra, che ancora oggi pesa su di lui. È la sua spada di Damocle, oltre a una serie di indagini e un processo in cui è stato recentemente assolto.
“Mi schiero con Ultimo perché amo i carabinieri di strada e non quelli di salotto”, spiega ancora la Dalla Chiesa che prosegue: “Assomiglia molto a mio padre per il rapporto che ha con i suoi sottoposti. Papà quando parlava degli uomini che lavoravano con lui diceva ‘i miei carabinieri’ e anche Ultimo ha un forte senso di protezione e rispetto nei confronti di chi quotidianamente gli sta intorno”. Poi tuona la signora Dalla Chiesa: “Purtroppo, condivide con mio padre anche un velo di invidia. Essere acclamato e benvoluto infatti può scatenare sentimenti contrastanti in chi ci sta intorno. La gente lo ama, e questo potrebbe aver creato un po’ di fastidio”. Ancor più scomodo potrebbe essere il suo senso di giustizia, sempre più raro nell’Italia di Mafia Capitale, dei Rolex e delle scorciatoie.
Per i comuni mortali, Ultimo è un mito, così tanto che quando nel 2009 hanno deciso di togliergli la scorta, i “suoi uomini” si sono raddoppiati i turni per proteggerlo, obbligando gli alti vertici a riassegnargliela.
Inoltre, “Ultimo ha un forte senso di appartenenza all’Arma”, precisa la storica conduttrice di Forum infatti alla decisione del generale Del Sette ha risposto: “Non condivido, ma eseguo”. “Questa è la risposta che avrebbe dato qualsiasi altro carabiniere vero”, ribatte Rita quando le facciamo notare che alla ribellione Ultimo preferisce l’obbedienza. Ma il vicecomandante non ha intenzione di piegare la testa, non è nella sua indole, e nella lettera di commiato ai suoi uomini ha scritto: “Ho il dovere di ringraziarvi per come avete lottato contro una criminalità complessa, contro le lobby e i poteri forti che la sostengono, senza mai abbassare la testa, senza mai abbassare lo sguardo di fronte a loro e senza mai nulla chiedere per voi stessi”.
Da 22 anni vive incappucciato, pochi, pochissimi conoscono il suo volto. Vive per gli altri, al servizio della gente. Per questo ha messo in piedi una casa famiglia, a Roma, in cui trovano ospitalità i bisognosi: carcerati, immigrati, ragazzi rimasti soli al mondo. È Ultimo perché sta dalla parte degli ultimi. Anche quando dal Crimor è stato promosso colonnello e spostato al Noe, non ha battuto ciglio e ha continuato a fare il suo lavoro egregiamente. Alla sua squadra si devono clamorose indagini e arresti altisonanti. “Perché se nelle vene scorre sangue e giustizia possono rifilarti anche l’ultimo degli incarichi, ma sempre riuscirai a fare bene quello che sai fare” precisa orgogliosa la Dalla Chiesa che conclude: “Alla luce di quanto accaduto pochi giorni fa a Roma, nel corso del funerale del boss Vittorio Casamonica, il provvedimento di Del Sette risuona ancora di più come una beffa”.