Abbiamo perso sei anni di tempo, ed altrettanti ne perderemo ancora, perché si sta perseguendo una strategia in cui si contrappongono una politica di bilancio restrittiva ad una politica monetaria espansiva.
Il risultato è pessimo, perché l’economia subisce tutto il costo della severità fiscale, con l’aumento delle tasse ed i tagli delle spese, mentre non è in grado di beneficiare del credito a buon mercato e della liquidità immessa dalla BCE.
Con una mano si rende quanto si prende con l’altra: due strategie che si neutralizzano. Mentre l’economia reale è in stallo, le Borse sono volatili: sono cresciute, hanno assorbito tutta la liquidità del sistema, ma basta una notizia negativa anche dall’altro capo del mondo per far perdere la fiducia agli investitori. E poi ci sono i sistemi informatici che pilotano tutto, automaticamente: seguono l’onda. Devono essere ritarati, e dopo qualche ora se non il giorno dopo, la baracca si raddrizza. E’ un su e giù continuo, che crea un senso di sfiducia generale.
Ci sono questioni molto delicate sul versante internazionale, dal rallentamento dell’economia cinese ai mancati proventi dei Paesi produttori di petrolio, dalla Russia all’Arabia Saudita, e di quelli che esportano materie prime, come il Brasile o l’Australia. Se non vendono non comprano, ed anzi vanno sul mercato finanziario per finanziarsi: così tutta la liquidità aggiuntiva immessa nei mercati viene assorbita rapidamente. E’ l’economia reale che soffre, ancora una volta: entra in recessione pure il Canada.
Meglio non parlare delle crisi politiche alle frontiere dell’Europa: dalla Ucraina alla Siria, fino alla Libia.
Il 2015 doveva essere l’anno della svolta, della ripresa. E’ invece l’anno in cui si stanno confermando tutti gli errori fatti finora: a Bruxelles non vedono e non sentono, finchè l’onda non travolge tutti.
E’ successo con i migranti: quando fu l’Italia a chiedere una riunione straordinaria per affrontare la crisi della Libia, tutti alzarono le spalle. Dovevamo fare da soli. Ora, che la crisi siriana sta portando centinaia di migliaia di profughi su per i Balcani, passando dalla Macedonia all’Ungheria, anche la Germania si è svegliata.
Sarebbe bene che anche non solo i giovani ed i disoccupati europei, ma tutti i cittadini e gli imprenditori che stanno subendo inutilmente da anni una politica economica strabica ed inconcludente, facessero altrettanto: bisogna marciare su Bruxelles, prima che sia troppo tardi.
Prima che il populismo prevalga, distruggendo le istituzioni che hanno preservato stabilità, pace e benessere per settanta anni.