Ci sono almeno tre semplici motivi per cui è esplosa ora la crisi dei profughi siriani e nessuno dovrebbe piacerci.
La guerra in Siria, ormai a la suo quarto anno, va male sotto ogni punto di vista, specialmente per i civili, e non se ne vede la fine. Questo fa sì che anche chi ha resistito fino all’ultimo nella speranza di poter restare nel suo Paese ormai si è rassegnato a partire. Lo stesso vale per chi è rimasto in questi anni nei campi profughi vicini alla Siria, in Libano, in Turchia, in Giordania, nella speranza di poter tornare.
In secondo luogo, la vita nei campi profughi si fa sempre più dura e spesso intollerabile perché i fondi dei Paesi donatori si sono fermati o non sono sufficienti. Lo denucia l’UNHCR che si trova a gestire risorse largamente inadeguate per i milioni di siriani che popolano i campi. Molti partono dai campi per disperazione e sfinimento.
Terzo motivo, la crisi esplode perchè si concentra su una sola rotta e sull’intreccio di pochi confini e di pochi Paesi. La maggior parte dell’Unione Europea non è neppure sfiorata dalla vicenda e non esiste un approccio comune e coordinato per allentare la pressione lì dove è più forte.
Le soluzioni sarebbero abbastanza evidenti, se il nostro scopo è ridurre il flusso di rifugiati siriani in Europa: 1) fermare la guerra in Siria una volta per tutte; 2) assistere i rifugiati nei paesi confinanti in maniera efficiente e dignitosa; 3) accogliere chi comunque vuole venire in modo condiviso, ordinato e umano.
P.S. gran parte di questa riflessione è tratta dagli articoli di Patrick Kingsley del Guardian.