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Il Corriere della Sera tifa Grasso (e non Renzi) sulla riforma del Senato

Una buona notizia per Renzi è arrivata da Atene, una brutta, o meno buona, da Milano.

Quella di Atene è la vittoria elettorale di uno che politicamente gli assomiglia molto, Alexis Tsipras. Che è riuscito a rompere politicamente le ossa all’Unità popolare alimentata dagli scissionisti di sinistra del suo partito, simili per certi versi ai dissidenti del Pd: sia quelli già usciti dal partito, sia quelli che minacciano di farlo. “Tsipras uccide la sinistra”, hanno vistosamente titolato sul Fatto Quotidiano.

La notizia cattiva, o meno buona, è un editoriale del Corriere della Serascritto dal direttore in persona, Luciano Fontana, che sembra intinto nell’inchiostro, pur un po’ annacquato, di Ferruccio de Bortoli, il predecessore di Fontana accomiatatosi da Renzi nei mesi scorsi  dandogli del “maleducato di talento”, sul piano politico ma anche personale.

Proprio sulla soglia di una direzione del Pd convocata con i soliti toni, a torto o a ragione, della resa dei conti interni, per mettere con le spalle al muro i renitenti all’elezione indiretta del nuovo Senato, da parte cioè dei Consigli regionali e non dei cittadini, il Corriere ha un po’ dato loro una mano. E lo ha fatto il giorno dopo avere messo a suo agio con una lunga intervista il renitente più autorevole: l’ex segretario Pier Luigi Bersani.

In particolare, sia in versione Marco sia in versione Alessio, Renzi è stato esortato dal direttore del più diffuso giornale italiano a rinunciare per la riforma del Senato, una volta tanto, ad “alzare sempre la posta, e rilanciare in continuazione per costringere gli avversari all’inseguimento”. Gli ha insomma raccomandato di cedere ad un compromesso.

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Da sinistra a destra. Giampaolo Pansa è tornato a spendersi per Alfio Marchini alla guida di un nuovo centro destra con un pepatissimo “bestiario” domenicale su Libero.

Pansa riconosce che quella annunciata al numero dell’Espresso ancora in edicola dall’erede della più famosa famiglia rossa romana, che costruì e regalò al Partito Comunista la storica e ormai ex sede di via delle Botteghe Oscure, è “una scalata alla parete nord dell’Eiger con le scarpe da tennis”. E non per il passato politico della famiglia e le amicizie ch’egli ancora coltiva con tanti esponenti di sinistra, pur non condividendone le scelte politiche, ma per le ostilità emerse nel centrodestra di fronte al suo proposito di cambiare obbiettivo: dal Campidoglio a Palazzo Chigi.

“Gli mancano soltanto una ventina di milioni di voti”, ha detto con sarcasmo l’ex ministro Maurizio Gasparri procurandosi il giustificato rimprovero di Pansa di non rendersi conto che il centrodestra allo stato attuale delle cose “ha il destino segnato”, che è quello di “perdere e non guadagnare” consensi.

Ma soprattutto ha deluso Pansa un giudizio tranciante attribuito a Silvio Berlusconi, che pur avendo un rapporto di dichiarata simpatia con Marchini non lo considererebbe “all’altezza di fare il leader del centrodestra”. Cosa alla quale Pansa ha reagito invitando Berlusconi e i suoi amici a “non lamentarsi poi se Renzi governerà da qui all’eternità”.

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In effetti, se veramente Berlusconi avesse pronunciato quel giudizio, e non glielo avessero invece attribuito altri della sua cerchia più o meno magica, avrebbe fatto un torto ingiusto a Marchini. Del quale è prematuro negargli il famoso quid, come Berlusconi ebbe una volta a dire di ciò che mancava ad Angelino Alfano, nonostante lo avesse scelto e nominato, con annessa acclamazione, segretario del suo partito.

C’è tuttavia in Marchini un eccesso di fantasia, e di retorica, cui farebbe bene a rinunciare per evitare di procurarsi più ironie che consensi. Un eccesso come quello di sognare – ha detto all’Espresso – un tale ritorno della politica ai valori di una volta da “riportare alle urne il nonno Alfio”. Alle urne naturalmente elettorali, dalle quali il nipote pensa che l’Alfio storico della sua famiglia si sarebbe allontanato, se fosse stato ancora vivo, a meno che non volesse far sapere che se ne era già allontanato prima di morire, quando il Pci stava per essere travolto dal crollo del muro di Berlino e si illudeva di sottrarsi alle macerie cambiando solo nome e simbolo, non dirigenti e linea politica.

Non riesco francamente a immaginare il vecchio Alfio Marchini tentato nelle urne dalle convinzioni che nel frattempo ha maturato il nipote, anche se il nonno in punto di morte, secondo il racconto fatto da Alfio jr all’Espresso, gli disse: “Se sei sopravvissuto a me, puoi sopravvivere a qualsiasi cosa”. A pensarci, però, anche al sarcasmo di Gasparri e al presunto giudizio negativo di Berlusconi.


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