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Tutte le mattane dei sinistri anti Renzi

Benvenuti nell’antirenzismo, che certa sinistra pratica con la stessa foga e gli stessi effetti perversi dell’antiberlusconismo esercitato per una ventina d’anni. Cui, peraltro, non rinuncia neppure adesso che Silvio Berlusconi non è proprio in buona salute politica, sicuramente inferiore a quella fisica, invidiabile con i 79 anni che compirà fra qualche giorno.

Matteo Renzi, a dire il vero, ci mette ogni tanto del suo per procurarsi diffidenza e ostilità, come ha fatto del resto anche Berlusconi quanto guidava il governo, o faceva temporaneamente l’opposizione, ma gli avversari di sinistra dell’attuale presidente del Consiglio riescono a fare politicamente anche peggio di ciò che combinavano contro l’odiato leader di Forza Italia.

Contro Renzi, per esempio, l’ex governatore della Puglia Nichi Vendola è riuscito a distorcere i risultati delle recentissime elezioni greche. Diversamente da quanti, anche dalle sue parti politiche e mediatiche, hanno paragonato il vincitore Alexis Tsipras a Renzi accusandolo di avere voluto “uccidere la sinistra”, rimasta fuori dal Parlamento di Atene, come appunto il segretario del Partito Democratico vorrebbe fare in Italia, convinto che “chi di scissione ferisce di elezioni perisce“, Vendola ha colorato Tsipras di rosso antico. Lo ha coronato vincitore su una destra dalla quale il giovane leader greco non aveva nulla, o quasi, da temere, avendone peraltro una parte a disposizione come alleata di governo. E gli ha messo addosso la corazza del lottatore irriducibile contro l’austerità imposta all’Europa dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, accusando Renzi di non avere avuto e di non avere il coraggio di battersi  in Italia in quella direzione.

Eppure Tsipras ha rotto con la sinistra radicale del suo partito, liberandosi del ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, per fare coraggiosamente con la Merkel un accordo di augurabile salvataggio della Grecia molto più pesante di quello appena respinto dalla popolazione con un referendum da lui stesso promosso. E Renzi invece sta sfidando i cultori dell’austerità, fra Berlino e Bruxelles, procurandosene proteste e moniti, con la richiesta di una ulteriore flessibilità nell’applicazione dei parametri comunitari e con l’annuncio dei “funerali” della tassazione sulla prima casa.

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Più ancora di Vendola, sempre in funzione dichiaratamente antirenziana, e anche a costo di scaricare la sinistra radicale di Atene, si è adoperata a rifare il trucco a Tsipras la direttrice del Manifesto Norma Rangeri. La quale ha garantito ai suoi lettori che i premier greco e italiano non sono “compagni di merende”, meritando il primo di essere considerato a sinistra e il secondo a destra. A destra, come la cultura marxista considerava negli anni Ottanta in Italia quel rompiscatole di Bettino Craxi, che si era proposto di modernizzare la sinistra rischiando anche per questo la galera, e non solo per la Tangentopoli scoperta nel 1992 ed esplorata, cioè perseguita, a senso rigorosamente unico.

Diversamente da Renzi, il premier greco, nella rappresentazione del Manifesto, avrebbe “nel suo Pantheon Gramsci, Berlinguer” e i no global accorsi nel 2001 a Genova, che alla fine si trovò messa a ferro e a fuoco per il torto di ospitare un vertice internazionale.

Tsipras “ha il fiuto del politico e la stoffa del lottatore”, ha assicurato Rangeri prima di ammettere che forse qualche errore l’ha commesso pure lui, magari firmando l’accordo con l’Europa a trazione tedesca. Ma “nessuno è perfetto”. Nessuno davvero, neppure Renzi, che si è ora permesso anche di intervenire finalmente sul mercato mediatico delle intercettazioni, difeso invece dalla sinistra radicale scambiando per “bavaglio” ogni misura limitatrice.

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Nel dare via libera, dalla festa dell’Unità di Modena, al compromesso, sia pure “un po’ bizantino” fra la minoranza del Pd e Renzi per chiamare in altro modo l’elezione dei senatori da parte dei cittadini che saranno chiamati a rinnovare i Consigli regionali, Pier Luigi Bersani ha detto: “Ora non c’è più bisogno di Verdini” per approvare la riforma del bicameralismo.

Il problema dei dissidenti del Pd era, ed è, quindi solo o soprattutto quello di rendere aggiuntivi, cioè superflui, i voti di Denis Verdini e degli altri fuoriusciti da Forza Italia. All’antiberlusconismo si aggiunge la variante dell’antiverdinismo. Una sinistra ridotta a questo per identificarsi è francamente penosa.


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