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Caro Silvio Berlusconi, mi consenta

Bentornato presidente sulla scena dei protagonisti della politica. La Sua presenza ci rallegra e ci conforta perché la simpatia, la vivacità, la gaiezza che La caratterizzano donano brio al palcoscenico della politica statico, grigio, cupo. E poi può partorire sempre qualche pensiero fecondo per amici ed avversari. Non c’è necessità di un Suo impegno politico come nel passato, visti gli insoddisfacenti risultati ottenuti dai suoi governi e la discutibile eredità politica che ha lasciato ai suoi, giovani e anziani, rampolli.

Onorevole Berlusconi, Ella nel 1994 ebbe la capacità, per contrastare la famosa “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto, in nome di una “grande rivoluzione liberale”, di raccogliere gli orfani del pentapartito, dai democristiani ai socialisti, ai liberali. Riuscì ad innestare su quel ceppo gli ex fascisti del MSI e i secessionisti della Lega di Bossi. L’insieme di tutte queste espressioni mise in condizione l’alleanza da Lei guidata di sconfiggere la sinistra comunista dalle Alpi al Lilibeo. Una vittoria che gli oppositori dei progressisti auspicavano, dopo i tristi e luttuosi fatti della rivoluzione giudiziaria del 1992/93, fiancheggiata da comunisti e fascisti. Si sperava che, dopo quel successo il sistema politico italiano nato dall’era maggioritaria e dal bipolarismo (farlocco) si avviasse verso un nuovo equilibrio, politico e istituzionale, che consentisse governabilità e stabilità all’Italia.

Così non fu, iniziarono i contrasti, gli scontri, le contrapposizioni tra i vari soggetti della Casa della Libertà che Ella non volle dirimere. Lasciò che la palude diventasse sempre più ampia senza mai prendere partito. Giorno dopo giorno le cose peggiorarono, dal punto di vista politico, giudiziario, morale. Arrivò il tempo della bruciante sconfitta, più per gli altri. Ella invece continuava ad esercitare il potere politico di interdizione, molto redditizio, anche per la forza dei massmedia di sua proprietà. All’opposizione non c’è mai stata nel concreto, cambiava i soggetti in campo nel partito, in Parlamento, in Europa ma abilmente a tirare i fili era sempre Lei. Non poteva essere diversamente, visto che il padrone di Forza Italia era Lei, in tutti i sensi. Il potere del capo ad un certo punto però diventò opprimente e ossessivo e alcuni leader, prima Casini e poi Fini, lasciarono il sodalizio. Iniziò in tal modo lo smottamento trasformatosi in frana rovinosa. Non è utile parlare delle sue preferenze ludiche e di relax, non serve.

E’ interessante però constatare che il ventennio berlusconiano, come quello della sinistra, si è caratterizzato per ambiguità, per opportunismo, per trasformismo ignobile. Oggi la gente non ne può più di questa politica politicante, becera, da operetta, costruita sul vaniloquio, inconcludente e affaristica, che anche Lei ha contribuito a far crescere. Non si spiegherebbero altrimenti gli eserciti di astenuti alle ultime tornate elettorali. E allora, presidente Berlusconi, continui pure a frequentare simpaticamente le sue amicizie politiche dall’estrema destra all’estrema sinistra, dando una mano a nuovi esponenti: liberali, riformisti, cattolici ma lasci perdere la politica attiva, il tempo trascorso ha dimostrato che ci vuole altro.

L’Italia ha bisogno oggi di ricostruzione, partendo dalle macerie che la Sua “seconda repubblica” ha lasciato sul campo. Altri, magari professionisti della politica, di cui il Paese ha tanto bisogno, si cimenteranno per tirarlo fuori da questa ancora preoccupante crisi, non solo economica, ma culturale, politica e morale.


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