Skip to main content

Berlusconi è geloso di Verdini?

Silvio Berlusconi usa liquidare come “mestieranti” i fuoriusciti dalla sua Forza Italia, compreso Denis Verdini. Del quale però penso che intimamente cominci ad essere ammirato, o addirittura geloso, per la capacità che sta dimostrando di far perdere letteralmente la testa alla sinistra radicale, da non confondere naturalmente con quella di Marco Pannella.

Far perdere la testa alla sinistra tetragona è stata la specialità di Berlusconi negli anni migliori della sua avventura politica, sino a quando il combinato disposto del trattamento riservatogli dai magistrati, sconfinato spesso nella persecuzione, della slealtà degli alleati, degli eccessi degli avversari, dei suoi errori comportamentali, che non si è fatto mancare, non è finito nell’angolo. Dal quale, magari, riuscirà a tirarsi fuori, come ancora temono i più prudenti dei suoi avversari, già sorpresi da altre resurrezioni.

D’altronde, nel libro su di lui scritto da Alain Friedman, e appena pubblicato, destinato a produrre parecchio rumore, si trova l’annuncio di Berlusconi, scritto a mano al giornalista americano, che non si ritirerà sino a quando non vincerà “un’altra volta”.

In un generoso ma anche astuto tentativo di alzare il livello politico e culturale dello scontro della sinistra con Verdini, è sceso in campo Ezio Mauro con un editoriale ispirato ad un celebre film degli anni Ottanta, a sua volta ricavato dal romanzo di Choderlos de Laclos intitolato Dangerous Liaisons. Che,  tradotte in italiano, sono relazioni pericolose: il titolo dato, appunto, dal direttore di Repubblica, al suo editoriale di soccorso alla sinistra mobilitata con la solita rozzezza contro Verdini.

Senza rivangare più di tanto le pendenze giudiziarie dell’ex dirigente forzista, continuamente rinfacciate dai malpancisti del Pd, e senza neppure  rievocare “lo stantio odore di massoneria” avvertito e denunciato  da Ferruccio de Bortoli un anno fa, quando era ancora direttore del Corriere della Sera e Verdini custode del cosiddetto Patto del Nazareno fra Matteo Renzi e Berlusconi, il buon Mauro ha riconosciuto lo stato di necessità nel quale il presidente del Consiglio è stato messo nei riguardi del conterraneo dagli avversari interni di partito. Che hanno a lungo esasperato le loro divergenze sulla riforma del Senato più per ridimensionare la leadership del segretario del partito, in una specie di rivincita sulla loro pesante sconfitta congressuale, che per migliorare davvero la legge. Rimasta in effetti un pasticcio, se non aggravato, dopo il compromesso all’ultimo momento fra i plenipotenziari di Renzi e la minoranza piddina.

(CHI C’ERA AL COMPLEANNO DI BERLUSCONI. TUTTE LE FOTO PIU’ SFIZIOSE DI PIZZI)

++++

Risolta, bene o male, la controversia sulla riforma del Senato, Renzi dovrà tuttavia chiarire ai suoi amici e compagni, fra i quali lo stesso Mauro, se e quali rapporti vorrà avere con Verdini. Occasionali? Permanenti? O nessuno? Occasionali per usare i voti parlamentari di Verdini contro la minoranza interna del Pd? Permanenti per riesumare addirittura la lontana esperienza morotea delle “convergenze parallele”, servite negli anni 60 del secolo scorso alla Dc per preparare il centro-sinistra con i socialisti di Pietro Nenni? O permanenti per preparare con Verdini e altri volenterosi, come i già alleati alfaniani di governo, il famoso Partito della Nazione, sinonimo – secondo Mauro – di un partito confusamente e pericolosamente “pigliatutto”: voti, potere, corpo, anima del Paese? In questo caso, naturalmente, Renzi non potrebbe contare sulla comprensione e tanto meno sull’aiuto di Mauro.

Il direttore di Repubblica non accetterebbe di considerare “equivalenti le storie politiche, le biografie di gruppi, le tradizioni” così diverse come quelle del Pd e di Verdini, e forse anche di Angelino Alfano, Pier Ferdinando Casini e altri. No. Mauro accetta di poter partecipare solo con gente davvero omogenea alla definizione e costruzione di una nuova sinistra, aggiornata al secolo nuovo. Una sinistra di quella “modernità ” di cui il suo editore Carlo De Benedetti ha laicamente già battezzato Renzi come “figlio”. È così si chiude più o meno comodamente anche  il cerchio delle convenienze editoriali. Cosa che a Repubblica non riesce ancora a Eugenio Scalfari, convinto che Renzi  punti solo a comandare “da solo”.

(PIZZI PIZZICA MAURO E SCALFARI CHE BRINDANO CON CDB PER I 60 ANNI DELL’ESPRESSO)

++++

Si fa presto, caro Ezio, a chiedersi e chiedere, come fai tu, “cosa deve essere la nuova sinistra nel nuovo secolo” senza voler trarre tutte le conseguenze dal terremoto che ha sconvolto verso la fine del Novecento la sinistra, e insieme  quel che era ancora o era rimasto della destra anticomunista,  per cui si sono mescolate quelle che tu chiami “storie, biografie e tradizioni” diverse, anche opposte.

Il Verdini, per esempio, che ha fatto un lungo percorso con Berlusconi, e che Renzi, sorprendendo o scandalizzando un terzo e forse anche metà del suo partito, si è rifiutato di considerare “il mostro di Lochness”, non è un omonimo, un figlio, un nipote di quel Verdini che nella cosiddetta prima Repubblica, quella vera, non quella di carta fondata da Scalfari, frequentava e votava Giovanni Spadolini. E’ proprio lui, è lo stesso Verdini.

Do you remember mister Spadolini, caro Ezio? Io lo ricordo come punto di riferimento importante per la Repubblica di carta, tanto da avere cercato, purtroppo inutilmente, con gli articoli e i suggerimenti privati di Scalfari, di farlo eleggere nel drammatico 1992 presidente della Repubblica: quella vera, in carne e ossa, con le mura del Quirinale e i Corazzieri di guardia.

(VERDINI E I VERDINIANI CHE REPUBBLICA DETESTA VISTI DA PIZZI. TUTTE LE FOTO)


CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter