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Vi spiego perché l’Italia deve bombardare Isis in Irak

Pubblichiamo la seconda parte dell’analisi del generale Carlo Jean; la prima parte pubblicata ieri si può leggere qui.

Conviene o no all’Italia accogliere la richiesta del governo iracheno e quella più sommessa dei nostri alleati? A parer mio sì, “senza se e senza ma”. L’argomentazione contraria, secondo cui se bombardassimo aumenteremmo la probabilità di attentati dell’ISIS, mi sembra strampalata. E’ smentita dagli stessi media che il Califfato impiega con tanta efficacia. Nella sua rivista ufficiale (il suo titolo è Daqib) si preannunciano attentati a Roma, centro della cristianità. Il pericolo esiste. Non va sottovalutato. Non saranno certamente quattro Tornado ad aumentarlo. Non è stata neppure la nostra partecipazione alla coalizione anti-ISIS.

Il vero pericolo per il nostro rango internazionale non è l’ISIS. Siamo noi stessi, con il nostro atavico vizio di porre alla nostra partecipazione limitazioni e caveat, che ne riducono il positivo effetto per la nostra credibilità e peso internazionali. Non possiamo pretendere la solidarietà dei nostri alleati, se facciamo i difficili a dare la nostra. E di essa abbiamo bisogno, date anche le turbolenze del Nord Africa e la nostra giusta pretesa di giocare un adeguato ruolo internazionale.

Questo non significa beninteso che dobbiamo accettare supinamente le regole del nostro principale alleato, cioè degli USA. Tutti devono tener conto della particolare sensibilità della propria opinione pubblica. Dobbiamo al riguardo adottare un sistema analogo a quello adottato dalla Francia per i suoi bombardamenti in Siria: distaccare al comando operativo aereo un nostro ufficiale di collegamento che autorizzi le missioni di bombardamento dei nostri Tornado. Lo fa certamente già anche per le missioni di ricognizione. Le regole non possono essere discusse nel dettaglio in Parlamento, che deve limitarsi all’indirizzo politico. Chi stabilisce le regole operative deve “masticarci”.

Insomma, non possiamo lasciare la tutela dell’interesse nazionale a qualche “creatura”, del tipo di quelle che proponevano di negoziare con l’ISIS, forse nell’ingenua idea di poterlo indurre a non dar retta alla “profezia di Maometto” o di rispettare il diritto internazionale bellico, che oggi è d’uso chiamare diritto umanitario.

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