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La riforma del Senato non è anti democratica

Scrivo questa nota alcune ore prima che a Palazzo Madama venga approvata la legge di riforma costituzionale che muta radicalmente il ruolo del Senato.

Sul testo possono esserci, come mi pare ci sono, obiezioni anche ragionevoli: è naturale. Ma la fine del bicameralismo perfetto è un fatto positivo. Com’è noto, il Pci alla Costituente si batté per una sola Camera e accettò il compromesso per evitare rotture che avrebbero potuto compromettere un accordo generale sulla Costituzione.

Negli anni il Pci è tornato a proporre la fine del bicameralismo nelle sedi in cui si discuteva della riforma della Costituzione. Recentemente è stato ricordato come Pietro Ingrao si sia battuto su questo fronte, ma anche Berlinguer, come ho ricordato, nella relazione al Congresso di Milano del 1983 (un anno prima di morire), propose ancora la fine del bicameralismo.

La campagna di alcuni giornali e anche di alcuni costituzionalisti (politicamente molto targati), che attaccano questa riforma, come se la sua attuazione colpisse la democrazia, è un polemica strumentale e un po’ grossolana nei confronti di Renzi e del Pd.

I problemi della democrazia italiana ci sono, ma sono altri. È la miseria politica che non porta questi problemi veri al centro del dibattito sulla democrazia italiana. Mi riferisco soprattutto al ruolo dei partiti, perché c’è democrazia dove ci sono partiti che vivono una vita democratica.

È da considerarsi un fatto negativo che oggi non ci sia un’alternativa credibile al governo di Renzi e del PD. Ed è un fatto negativo che in questo partito non ci sia una reale e aperta vita democratica, tale per cui al suo interno possa evidenziarsi una minoranza che si progetta però come maggioranza: cioè, una dialettica in cui è possibile proporre una riforma del partito insieme a una linea politica diversa da quella di Renzi.

Su questo occorre discutere. E anche io che del PD non sono cercherò di farlo.

(articolo tratto dal profilo Facebook di Emanuele Macaluso)


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