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Sechin e Rosneft hanno paura delle tasse di Putin sul petrolio?

Gli oligarchi del petrolio russi continuano ad essere spaventati dai piani fiscali del Cremlino. Dure le dichiarazioni – riportate dalle agenzie di stampa – del ceo di Rosneft, Igor Sechin. Sechin è uscito pubblicamente allo scoperto in merito alle dichiarazioni del ministro delle Finanze russo, Anton Siluanov, e dello stesso presidente Putin, riguardanti un previsto aumento della tassazione sulle attività energetiche, per ripianare il pesante deficit statale. “A causa dell’aumento della pressione fiscale sull’industria energetica, la produzione di petrolio russo in tre anni crollerà di 25-30 milioni di tonnellate all’anno”, ha ammonito il capo di Rosneft. Il manager punta il dito contro la reintroduzione della tassa sull’esportazione del greggio, che rischia di peggiorare i programmi d’investimento delle grandi aziende petrolifere russe. Dal canto suo, Siluanov ha prontamente replicato, sostenendo come il supporto finanziario al settore energetico sia stato un errore tattico. Putin al momento, ha preferito non entrare nella mischia, anche se sono noti gli attriti sorti con Sechin qualche mese fa, a causa della gestione poco slegata dagli interessi nazionali da parte del ceo di Rosneft.

Chi ha provato a buttare acqua sul fuoco è il ministro delle risorse naturali, Sergei Donskoi, secondo cui, dagli ultimi rapporti di esplorazione geologica, la crescita delle riserve di idrocarburi in Russia compenserà il volume della produzione. Donskoi ha rivelato che il governo sta portando avanti un programma di crescita delle riserve strategiche per compensare il livello di produzione. Dall’inizio dell’anno e fino al 15 settembre, le riserve di petrolio e condensati in Russia sono risultate pari a oltre 430 milioni di tonnellate, mentre le riserve di gas sono salite a 500 miliardi di metri cubi. Il livello da raggiungere, quello della produzione per l’appunto, dovrebbe essere almeno attorno alle 530 milioni di tonnellate. Rosneft sarà comunque costretto a tagliare i propri piani di sviluppo anche in Italia? Difficile saperlo.

Per adesso, Dario Scaffardi, vice presidente e direttore generale di Saras (di cui Rosneft è azionista al 20%), conferma che i rapporti con i russi sono ottimi e sono continui. Sta di fatto che il problema del debito rimane particolarmente pressante per Putin. Per questo, anche nella speranza di avere indietro il credito che detiene nei confronti di Kiev (quasi 3 miliardi di dollari), il Cremlino ha autorizzato Gazprom a riprendere le forniture di gas verso l’Ucraina. L’accordo resterà in vigore fino alla fine di marzo 2016 e prevede l’impegno da parte di Kiev ad acquistare a ottobre due miliardi di metri cubi di gas a da Gazprom a un prezzo di 500 milioni di dollari.



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