Oltre al danno, la beffa. Dopo la notizia dell’hackeraggio della mail personale di John Brennan, Wikileaks ha pubblicato una prima tranche di missive che secondo il sito sarebbero riconducibili proprio all’account del numero uno della Cia.
L’ANNUNCIO DI WIKILEAKS
Il portale fondato dall’attivista informatico Julian Assange, specializzato nella diffusione di materiale riservato (spesso di provenienza governativa), ha reso noti finora sei documenti provenienti dalla posta elettronica di Brennan. Risalirebbero tutti a un periodo compreso tra il 2007 e il 2009, prima che assumesse la guida della Cia. Tuttavia Wikileaks, già al centro di altri casi eclatanti (come quello dei file dell’Nsa sottratti dalla talpa Edward Snowden) ha già annunciato che nei prossimi giorni pubblicherà altre email.
I DOCUMENTI DIFFUSI
Nella mezza dozzina diffusa ieri, racconta Business Insider, ci sono un questionario di una cinquantina di pagine, completato dal capo della Cia nel 2008 per ottenere l’autorizzazione ad accedere a informazioni sensibili, contenente numerosi dati personali (il celebre modulo SF86); due documenti su dibattiti parlamentari in materia di tortura del 2008; e uno intitolato “Il rompicapo Iran”, antecedente all’amministrazione Obama, in cui Brennan presenta alcune raccomandazioni al prossimo presidente americano su come trattare con il governo di Teheran. “Anche il positivo coinvolgimento dell’Iran nell’Afghanistan del dopo talebani è stato accolto con indifferenza da Washington”, scrisse allora il numero uno della Cia.
LA RISPOSTA DELLA CIA
L’agenzia statunitense ha condannato l’hackeraggio, sottolinendo che non ci sono indicazioni a riprova che “i documenti pubblicati fino ad ora siano classificati come confidenziali”. Tuttavia, specifica l’intelligence Usa, “l’intrusione” in un account email “è un crimine” e come tale verrà perseguito.
L’INDAGINE
Come aveva spiega lunedì scorso Associated Press, l’account di Brennan (così come quello del segretario dell’Homeland Security degli Usa, Jeh Johnson) sarebbe stato violato da uno studente, che si è dichiarato responsabile dell’azione e ha detto di lavorare in team con altri. In una serie di telefonate con il New York Post, il primo a dare la notizia, l’hacker si è descritto come uno ragazzo statunitense che frequenta le scuole superiori, non musulmano, motivato dalla sua opposizione alla politica estera degli Stati Uniti e dal sostegno alla Palestina. Probabilmente è stato lui stesso, rileva la stampa americana, a passare i documenti a Wikileaks. Sul caso indagano l’Fbi e il Secret Service, che scartano per il momento le ipotesi di un hack da parte di Stati come Cina, Iran o Russia o di jihadisti dello Stato Islamico o di Al Qaeda.