Le scuole OCSE gestite privatamente ricevono finanziamenti pubblici (da governo, enti dipartimentali, locali, regionali, statali e nazionali) che coprono più dell’80% dei costi annuali in: Belgio, Finlandia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Repubblica Slovacca, Slovenia, Svezia, Ungheria. Particolarmente in Finlandia, Paesi Bassi e Svezia il finanziamento è pressoché totale. Il finanziamento copre più del 60% dei costi in Danimarca, Estonia, Repubblica Ceca, Spagna; più del 40% in Polonia, Portogallo, Svizzera. È invece inferiore al 40% in Italia, al 20% in Grecia.
Un’analisi che conferma l’eccezionalità tutta italiana in termini di disparità e di discriminazione della famiglia all’atto della scelta fra scuola pubblica statale e scuola pubblica paritaria, benché entrambe siano parte integrante del Sistema Nazionale di Istruzione.
Risulta chiaro che il perpetuarsi della mancata garanzia dei diritti più naturali – quale quello della libertà di scelta educativa e quello della libertà di insegnamento – ha falsato il sistema scolastico italiano.
È altrettanto chiaro che il reale limite che ha impedito all’Italia di “garantire” il “diritto riconosciuto” è il “vincolo economico”. Come ampiamente dimostrato, l’unico passaggio che dal 1948 ad oggi il Sistema Scolastico Italiano attende per divenire integrato è l’individuazione del “costo standard per studente”.
D’altronde le leve di trasparenza e di buona organizzazione; l’autonomia scolastica e la valutazione dei dirigenti e dei docenti; la detraibilità delle spese scolastiche e gli investimenti school bonus, che il DDL Scuola, dal 09 Luglio 2015 Legge “Riforma del Sistema Nazionale di istruzione e formazione”, ha introdotto vanno verso questa prospettiva. Si riconferma allora il principio secondo il quale il costo standard rimane il solo anello mancante che, mentre consente alla famiglia di scegliere, innesca una sana concorrenza tra le scuole sotto lo sguardo garante dello Stato.
La strada è tutta in salita, ma è quella giusta: le detrazioni introdotte dal DDL Scuola sono uno strumento di breve periodo, utili – più che a risolvere il problema – a sancire un passaggio culturale dal quale non è possibile tornare indietro. Il passo successivo sarà il costo standard per studente e la piena garanzia di scelta della scuola da parte della famiglia senza dover pagare due volte (le imposte allo Stato e il contributo di funzionamento alla Scuola Pubblica Paritaria).
A conclusione del percorso storico-giuridico comparativo UE-Italia, l’unico passaggio, di fatto, che la storia suggerisce è: 1) l’individuazione del costo standard per allievo nelle forme che si riterranno più adatte al sistema italiano; 2) la possibilità di scegliere, per la famiglia, fra buona Scuola Pubblica Statale e buona Scuola Pubblica Paritaria.
Risultati: a) una buona e necessaria concorrenza fra le scuole sotto lo sguardo garante dello Stato; b) l’innalzamento del livello di qualità del sistema scolastico italiano con la naturale fine dei “diplomifici” e delle scuole che non fanno onore ad un SNI d’eccellenza, quale l’Italia deve perseguire per i propri cittadini; c) la valorizzazione dei docenti e il riconoscimento del merito, come risorsa insostituibile per la scuola e la società; d) l’abbassamento dei costi e la destinazione dell’economia ad altri scopi.