In occasione dell’ultimo Global financial stability report, il Fondo monetario internazionale ha sottolineato la necessità di intervenire con urgenza sul nostro fardello di credito deteriorato (quasi 350 miliardi di cui quasi 200 di sofferenze) che, zavorrando le banche, drena risorse destinabili alle imprese italiane. Tuttavia, lo stesso Fmi ha anche evidenziato come questo fenomeno appaia in miglioramento grazie al rasserenarsi della scenario economico-finanziario globale.
Ora, pur condividendo il fatto che il “sentiment” dei mercati sul nostro Paese sia senz’altro migliorato, l’ottimismo espresso dal Fmi sul trend delle nostre sofferenze desta più di qualche perplessità. Il problema nasce dal fatto che sia il Comitato di Basilea, sia l’Eba (European banking authority), hanno allo studio nuove regole di vigilanza che potrebbero generare, specialmente nel caso italiano, ulteriore credito deteriorato e quindi ulteriori richieste di accantonamenti e di patrimonio in capo alle banche.
L’Eba, ad esempio, ha allo studio un documento volto ad uniformare a livello europeo, ma anche a rendere più rigide, le regole di vigilanza connesse agli sconfinamenti continuativi oltre i 90 giorni di privati ed imprese (past due). La delicatezza del problema deriva dal fatto che questi sconfinamenti costituiscono la porta maestra per l’entrata delle nostre Pmi nella drammatica spirale del credito deteriorato con tutte le conseguenze in termini di rating, di accessibilità al credito, di condizioni, eccetera.
Entrando nel merito, bisogna premettere che, ad oggi, è previsto che le posizioni sconfinate continuativamente da oltre 90 giorni rientrino tra i crediti deteriorati (non performing) solo qualora lo sconfinamento superi una determinata percentuale dell’esposizione complessiva. Attualmente questa percentuale (detta soglia di materialità) varia, a seconda dei Paesi, tra il 2% ed il 5%. Ebbene, la proposta dell’Eba prevede di estendere a tutti la soglia più bassa del 2%. Inoltre, parallelamente, si ipotizza di introdurre per tutti i Paesi anche l’applicazione, oggi solo facoltativa, di una seconda soglia (detta assoluta) di 500 euro per le imprese. In sostanza l’idea è quella di catalogare come non performing tutte quelle esposizioni sconfinate da oltre 90 giorni che superino anche una sola delle due soglie citate.
Peccato che, così facendo, una azienda che avesse una esposizione per cassa su una banca di 3 milioni di euro ed uno sconfinamento di soli 530 euro, vedrebbe tutta la sua esposizione di 3 milioni di euro catalogata come non performing. Inoltre, l’eventuale applicazione di una soglia assoluta così bassa partorirebbe una massa di default derivanti da sconfinamenti tecnici insignificanti e transitori che, pur non essendo affatto indizi di una reale situazione di difficoltà, sarebbero in grado di compromettere il merito creditizio delle aziende. Dunque, qualora dovesse prevalere la descritta impostazione rigorista sul trattamento degli sconfinamenti, una considerevole mole di impieghi bancari verrebbe rapidamente risucchiata nel mulinello del credito deteriorato.
Oltretutto, l’impatto di queste nuove regole sarebbe particolarmente pesante per il sistema Italia per almeno due ragioni. La prima è che le nostre banche, fortemente orientate al finanziamento di un tessuto industriale composto prevalentemente da Pmi ed artigiani, sono maggiormente esposte al manifestarsi di sconfinamenti sulle linee accordate. Il fenomeno in esame, dunque, appare molto più accentuato e radicato in Italia che in altre nazioni. La seconda è che il nostro sistema bancario, proprio in relazione a queste peculiarità, utilizza attualmente la soglia di materialità al livello più alto (5%) e non utilizza la soglia assoluta dei 500 euro. Oltretutto, convivendo con sistemi bancari poco toccati dal problema degli sconfinamenti in quanto più dediti alla finanza che al sostegno delle imprese, abbiamo corso il serio rischio di rimanere isolati a fronte delle proposte avanzate dall’Eba.
Per fortuna l’Abi (Associazione bancaria italiana) si è mossa molto bene riuscendo a far convergere le posizioni dei diversi Paesi in una proposta unitaria a firma della Federazione bancaria europea. In sostanza, in questo documento, decisamente più equilibrato, si richiede all’Eba di limitare la riduzione della soglia di materialità al 4% e di fare scattare il past due solo in presenza del superamento di ambedue le soglie prima citate e non di una sola come ipotizzato. A questo punto non ci resta che fare affidamento sul buon senso degli Organismi di Vigilanza. Anche perché è interesse di tutti dare stabilità al sistema, ma senza arrivare, se possibile, ad una stabilità tombale.
(articolo pubblicato sul quotidiano Mf/Milano Finanza)