Un nuovo personaggio si è aggiunto nella cronaca successiva agli attentati che hanno funestato venerdì 13 il cuore della capitale della Francia. “Dalle sue dita scaturiscono note di speranza davanti a quella sala concerti trasformata in un teatro di paura, sangue e violenza. Il pianista, diventato per il tempo di una canzone l’attrazione principale di fotografi e giornalisti, si chiama Davide Martello ed è italo-tedesco: appena finito di suonare si è dileguato. Per lui, lacrime e applausi. E la speranza che un giorno, quanto immaginato da Lennon possa diventare realtà» (Costanza Ignazzi, “Attentato a Parigi, pianista suona Imagine davanti al Bataclan”, Il Messaggero, 14 novembre 2015).
Parliamo di un giovane musicista che, sabato pomeriggio, di fronte al Bataclan di Parigi è arrivato con il suo pianoforte portatile e si è messo a suonare la famosa canzone di John Lennon. Sullo strumento, bianco su nero, il simbolo della pace. Il suo gesto, sicuramente autorizzato dalle autorità francesi, è stato ripreso con enfasi dai grandi media di tutto il mondo (ad esempio da Daniel Kreps, Watch Pianist Perform John Lennon’s ‘Imagine’ Outside Paris’ Bataclan, in Rolling Stone.it, November 14, 2015) ma, agli osservatori più attenti, non è sfuggito il significato contraddittorio del gesto. Infatti, scegliere Imagine non sembra proprio la cosa giusta per ripartire dopo una tragedia che, ancora una volta, minaccia l’identità stessa della nostra civiltà. Innanzitutto perché quando fu scritta la celebre canzone di John Lennon fu diretta appunto contro le libertà che il cristianesimo aveva promosso in tutto l’Occidente. Proviamo a spiegare in poche parole il perché.
“IMAGINE”? UN BRANO ANTI-OCCIDENTALE
Imagine è il brano musicale più celebre tra quelli scritti da Lennon durante la sua carriera solista dopo lo scioglimento dei Beatles. Fu prodotto da Phil Spector e pubblicato dapprima sull’album omonimo e, nel 1971, come singolo negli Stati Uniti. Negli ultimi quarant’anni è stato suonato e cantato un’infinità di volte in manifestazioni politico-religiose e per la pace, anche all’insegna della fede cristiana. È infatti acriticamente letto in chiave pacifista ma, come lo stesso Lennon ha ammesso in un’intervista allora apparsa sul Rolling Stone magazine, i messaggi del testo della canzone l’avvicinano più al “Manifesto del partito comunista” (1848) che a un inno alla pace. La stessa rivista specialistica britannica ha ricordato di recente come, ad avviso del suo Autore, Imagine teorizza in realtà una società in cui trionfano i “valori” del materialismo, del laicismo, dell’utilitarismo e dell’edonismo. È esattamente in questo senso che, in una vignetta pubblicata ieri, Joann Sfar, ex disegnatore di Charlie Hebdo e attualmente sceneggiatore e regista apprezzato in Francia ha scritto: “Amici di tutto il mondo, grazie di pregare per Parigi #prayforParis ma non ci serve più religione! Crediamo nella musica! Nei baci! Nella vita! Champagne e gioia! #Parisisaboutlife [Parigi è per la vita]” (Askanews, Roma 15 novembre 2015).
Sfar, titolare di una rubrica sul periodico satirico colpito dai terroristi islamici Charlie Hebdo, non fa altro che riprendere il senso di quanto dichiarato da Lennon nell’intervista sopra citata al Rolling Stone magazine, e cioè che Imagine è un brano “anti-religioso, anti-nazionalista, anti-convenzionale e anti-capitalista, e viene accettato solo perché è coperto di zucchero”. Del resto, solo per dirne una, non è un caso che Gianni Morandi l’ha proposto in inglese nel 1996 in un concerto tenuto davanti a Papa Giovanni Paolo II a Bologna, proprio cambiando ed edulcorando i riferimenti anti-religiosi chiaramente presenti nel testo.
“IMAGINE”, BRANO ANTI-CRISTIANO?
“Siamo [si riferiva ai Beatles] più popolari di Gesù Cristo adesso. Non so chi morirà per primo. Il Rock and Roll o il Cristianesimo». E’ questo un famoso estratto dall’intervista di John Lennon a Maureen Cleave, del “London Evening Standard” (4 marzo 1966). A seguire nella sua carriera solista, Lennon scriveva in Imagine strofe come queste: “Immagina non esista paradiso/È facile se provi/Nessun inferno sotto noi/Sopra solo cielo/Immagina che tutta la gente/Viva solo per l’oggi», chiara critica a tutta l’escatologia cristiana. Poi più avanti si espone chiaramente in senso ateistico: “Immagina non ci siano nazioni/Non è difficile da fare/Niente per cui uccidere e morire/E nessuna religione”. E’ certo che non è umano uccidere come assassini, ma cosa potranno pensare i martiri cristiani che, per millenni, hanno dato la vita per una religione che, secondo Imagine, sarebbe “Niente”?
Fra i messaggi che veicola il brano, leggiamo su un blog specializzato nell’interpretazione dei testi musicali del rock, emerge “l’invito a pensare ad un mondo senza divisioni, tra paradiso e inferno, ricchi e poveri, giusto e sbagliato, buono cattivo, islamici e cristiani. (…) Sì, perché le divisioni sono sempre alla base di odio, violenza e razzismo. (…) In altre parole, l’ex Beatles arriva ad immaginare un mondo senza religioni non perché la religione sia di per se stesso un male, ma perché la religione è già motivo di divisione. Il secondo messaggio lo si evince molto bene dalla frase: “immagina che ci sia solo cielo sopra di noi”. Sembra un paradosso, visto che di fatto sopra di noi c’è solo il cielo (magari con i relativi astri). La forza della frase sta proprio qui: tutte queste cose, paradiso e inferno, Gesù e Maometto non esistono. Ce le siamo inventate noi. Immaginate che bello il mondo se rinunciassimo a tutte queste invenzioni e imparassimo a goderne della sua semplicità” (Costadilevante, Imagine – John Lennon, in “Significato, traduzione, testo e recensione della tua canzone preferita” Blog, 13 settembre 2012).
Si tratta di una confusione “cristallizzata” anche negli ambienti cattolici se, ad esempio, in una recente mostra tenuta al Meeting di Rimini dedicata al tema “Rock ‘n’ roll come ricerca dell’infinito” (agosto 2012), nelle stanze con i filmati proiettati sui muri abbiamo letto citazioni di John Lennon vicino a quelle di diversi personaggi che hanno fatto esplicita professione di anti-cattolicesimo come Jean Jacques Rosseau.
LENNON, TESTIMONIAL INAPPROPRIATO?
Durante gli anni del successo, John Lennon ha invitato alla rivoluzione sessuale, all’amore disinibito e libertino e, il figlio Julian, negli scorsi anni ha dichiarato esplicitamente: “Un cattivo padre. Ed io non riesco a diventarlo per colpa sua. Mio padre cantava d’amore, parlava d’amore, ma non ne ha mai dato, almeno a me che ero suo figlio”. Ci chiediamo cosa possa insegnare alla cultura della pace un “testimonial” così.
Gli “addetti ai lavori” hanno sempre saputo che Julian Lennon, il figlio maggiore del Beatles scomparso, soffrisse di “sindrome d’abbandono”. John lasciò mamma Cynthia per Yoko quando lui aveva solo cinque anni e finì per essere completamente travolto dalla nuova fiamma, dimenticandosi di moglie e figlio.
Nell’intervista sopra riportata, rilasciata nel 1998 al Telegraph, Julian Lennon, che ha più volte tentato di seguire le orme artistiche paterne ma senza grandissimi esiti, è andato oltre: “Babbo era giovane e non sapeva che diavolo stesse facendo” quando si sposò e mise al mondo un figlio, confessa. E, un po’ freudianamente ha aggiunto: «Questo è il motivo per cui, a 48 anni, ancora non ho figli. Non voglio fare la stessa cosa. […] La parte più oscura del mio carattere mi viene decisamente da papà. Quando divento troppo aggressivo, so che è la sua eredita» (Julian Lennon: «John ? Un cattivo padre», in Corriere della sera.it, 4 dicembre 2011).
Julian non vide John per diversi anni, mentre questi era in vita. E mai poté accettare l’amore che il padre riversò invece sul figlio avuto da Yoko, Sean, a cui John dedicò tantissime attenzioni (e anche canzoni), nei soli cinque anni di vita che i due trascorsero insieme prima del tragico dicembre 1980.
CANTAVA SEMPRE D’AMORE, MA…
Amarezza mai sopita che ha portato Julian a confessare anche che il “padre cantava d’amore, parlava d’amore, ma non ne ha mai dato, almeno a me che ero suo figlio”. Il 1° aprile scorso è morta poi di cancro la prima moglie di John Lennon, Cynthia Powell, nella sua casa in Spagna. I due si erano incontrati prima della Beatlesmania, nel 1957, al Liverpool Art College e si erano sposati il 23 agosto 1962. Nonostante dalla loro unione nacque Julian, il cantante divorziò da Cynthia nel 1968 per sposare Yoko Ono.
Secondo Paul McCartney, la prima moglie di John Lennon “era una donna amabile, che conoscevo fin dai nostri primi anni insieme a Liverpool. E’ stata una buona madre per Julian; sentiremo tutti la sua mancanza, e io in particolare conserverò bellissimi ricordi dei nostri tempi insieme”. Julian le è stato sempre accanto, ed ha postato sul suo profilo un video-tributo, con una canzone scritta per la madre.
Cynthia è sempre stata tenuta lontana dai Beatles, perché restava a casa a badare al figlio mentre i “Fab Four” giravano il mondo. Nonostante avesse sempre sospettato che John le fosse infedele, Cynthia non ha mai pensato di lasciare John Lennon. Gli amici le dicevano che lui aveva storie parallele sin dal college ma lei li ignorò. Una sera del 1968, ubriaco, Lennon confessò i tradimenti e suggerì alla moglie di fare una vacanza con gli amici. Al ritorno Cynthia lo trovò con Yoko Ono. Il divorzio arrivò quando si scoprì che Yoko era incinta. Lennon liquidò la Powell con 100.000 sterline e la custodia di Julian. Al contrario di John, Cynthia è stata una donna pacata e riservata, per niente hippy. Quando il matrimonio finì, le disse di non essere mai stato innamorato di lei, anche se le lettere d’amore sostenevano il contrario. Diceva che se non fosse stata incinta, non l’avrebbe mai sposata.
La Powell scrisse in un libro a proposito dei primi anni del matrimonio: “Poco a poco la personalità di John cominciò a cambiare. Le droghe diventarono parte importante della sua vita e distrussero ciò che aveva valore. A casa era perso nei sogni. Presente, ma totalmente assente”.
Ultimamente sono emersi alcuni documenti del divorzio in cui Lennon è ritratto come un uomo scaltro, cinico, aggressivo verso suo figlio Julian, totalmente disinteressato a fargli da padre.
MA BANDO ALLE POLEMICHE…
Nonostante quanto scritto, per dovere giornalistico, crediamo sia giusto mettere al bando le polemiche, e continuare ad operare e pregare perché i fatti di Parigi non si verifichino mai più. Nonostante Sfar.