Per cortesia, non ripetetelo a Matteo Salvini, che già a leggerne la notizia la prima volta sulle agenzie di stampa e sui giornali ha rischiato l’infarto. Se glielo ripetete, il segretario della Lega quanto meno si mette a dare i numeri. Magari, si toglie pure di dosso la felpa di turno e si mette a correre nudo nella pianura padana.
Quel “cretino” di Angelino Alfano, come lui insulta sulle piazze il ministro dell’Interno, è stato promosso a “cornuto” dai mafiosi di Corleone. Che, stanchi di vedere i loro familiari consumarsi nelle carceri con i rigori del trattamento duro disciplinato dall’articolo 41 bis del regolamento penitenziario, si erano prefissi, prima di finire in una retata dei Carabinieri, di ammazzarlo. Il che sarebbe stato già molto per un “cretino” assurto al ruolo di vittima della mafia. Che di solito non ammazza gli stupidi.
Ma con Alfano i mafiosi avrebbero voluto fare ancora di più: avrebbero voluto cecchinarlo come fu fatto a Dallas, giusto 52 anni fa, con il mitico e giovane presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy. Che divenne, per la sua tragica fine, ancora più mitico. E rimase giovane per sempre nella immaginazione e rimpianto popolare.
Se, nonostante gli arresti, quel disegno criminale dovesse essere raccolto e realizzato da altri, Salvini non potrebbe resistere un attimo ad uno scenario di Alfano kennedizzato. Sprofonderebbe nella disperazione. E sarebbe costretto ad arrendersi nella Lega a Roberto Maroni, che vuole tenersi stretti come alleati gli amici di Alfano anche nel governo prossimo venturo della Lombardia. E altrove.
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Non ditelo, questa volta, ai soliti giustizialisti che, pur indispettiti per il sostanziale dimezzamento della pena, da 9 anni e mezzo a 4 anni e 2 mesi, hanno tirato un sospiro di sollievo per la condanna rimediata anche in appello dall’ex governatore socialista dell’Abruzzo Ottaviano Del Turco per corruzione, induzione alla concussione e non so, francamente, per cos’altro.
La vicenda giudiziaria di Del Turco, cominciata nel 2008 con l’arresto e sviluppatasi politicamente con la caduta della sua giunta e le elezioni anticipate nella regione, non è ancora chiusa. L’imputato ricorrerà in Cassazione non appena sarà depositata la sentenza d’Appello e i suoi legali potranno leggerne bene il contenuto, e rilevare le cosiddette contraddizioni logiche che sono già costate carissime ad altri verdetti simili nel Palazzaccio romano di Piazza Cavour.
La prima di queste contraddizioni logiche sta nell’ammissione fatta in Appello dalla stessa accusa di non avere trovato “le tracce patrimoniali dei reati” contestati a Del Turco. Che fu accusato dalla Procura, in base alle denunce di un imprenditore della sanità, di 24 episodi corruttivi per un importo complessivo di 15 milioni di euro. Gli episodi, cioè i capi d’imputazione, sono scesi in Appello a 6, altrettanto i milioni, di cui 2 risarcibili all’imprenditore, finito nel frattempo in seri guai giudiziari pure lui. Che non a caso fu accusato da Del Turco di essersi inventato concusso per sottrarsi al fallimento e alla bancarotta.
Ora, in assenza – ripeto – delle “tracce patrimoniali” a sostegno di quel che è rimasto dell’accusa, non sembra avventato prevedere che Del Turco abbia ancora qualche buona cartuccia da sparare in sua difesa davanti alla Cassazione. In modo da vincere la gara ingaggiata anche contro la sua malattia, quando annunciò di essere affetto dal cancro augurandosi di fare in tempo a godersi una sua pur tardiva assoluzione.
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Questa volta la notizia va nascosta alla giovane sorella dei fratelli d’Italia Giorgia Meloni, non foss’altro per evitare che le si accorcino emotivamente le gambe, per quanti sforzi faccia la graziosa parlamentare della destra di allungarsele calzando slanciatissimi stivali. Che poi hanno anche il loro fascino politico per tanti anziani militanti di quello che fu il Movimento Sociale, ai quali ancora nel 1994 Gianfranco Fini, mettendo in imbarazzo l’alleato Silvio Berlusconi, definiva “il più grande statista del secolo” lo stivalatissimo Benito Mussolini.
Chi dice adesso alla baldanzosa ed esigentissima Meloni che, nonostante il rifiuto da lei opposto più volte alla candidatura di Alfio Marchini al Campidoglio con l’appoggio di quello che fu il centrodestra, l’imprenditore romano continua a crescere nei sondaggi? Il guaio per la Meloni è che il livello sale, come ha rivelato lo stesso Marchini, anche alla Garbatella. Che pure è il quartiere elettorale, diciamo così, della sorella dei fratelli d’Italia.
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Non dite infine a Fiorella Mannoia, la cantante dichiaratamente incredula delle “verità ufficiali” sulla strage di Parigi e connessi, che a Milano e nella sua Roma, pur disturbati dal maltempo, sono sfilati migliaia di musulmani contro i blasfemi che uccidono gridando che “Allah è grande”.