Gli anni 80 e 90, quelli della generazione degli yuppies per intenderci, sono trascorsi all’insegna di un impegno totalizzante nel lavoro, visto come unica dimensione della vita. Superata la boa del secondo millennio i temi della qualità della vita, in una dimensione maggiormente comprensiva, sono gradualmente entrati in scena. Di recente Nicholas Thomson, direttore di NewYorker.com, ha dichiarato di mettere in primo piano l’esigenza di passare del tempo con i propri figli e di rendere il proprio lavoro più efficiente in funzione di tale priorità. È di pochi giorni fa la notizia che Mark Zuckerberg, fondatore e leader di Facebook, si dedicherà a tempo pieno alla propria paternità, prendendosi due mesi di congedo.
Dare priorità alle esigenze della propria vita non è tuttavia prerogativa di pochi VIP. Le aziende più attente e maggiormente innovative hanno compreso che che ricercare il benessere dei propri dipendenti è diventata una priorità. Le ricerche mostrano che le aziende che creano le condizioni per il benessere dei propri dipendenti ottengono quei guadagni di produttività che le rendono competitive rispetto ai loro concorrenti. Uno studio condotto da un istituto di ricerca britannico, “Enagement for success”, ha raccolto una serie di dati che dimostrano che, mentre i costi del malessere possono affondare le aziende, il benessere, al contrario, genera impegno e produttività nelle persone. Secondo questo studio i dipendenti che dichiarano un livello di soddisfazione elevato per la loro vita esprimono anche un livello di attaccamento all’azienda, e quindi di impegno nel lavoro, del 35% superiore alle persone che esprimono i livelli più bassi di benessere. La ricerca evidenzia che le persone che godono di una vita emotivamente equilibrata apprendono in modo efficace, lavorano produttivamente e hanno positive relazioni sociali, in misura maggiore di chi vive situazioni di stress e di ansietà. Le aziende caratterizzate dai livelli maggiori di benessere, di conseguenza, hanno i livelli di produttività maggiori, che si traducono in risultati finanziari migliori: è quello che risulta dallo studio annuale sulle performance finanziarie delle Best companies di Fortune, svolta da Russell Investments.
Le ricerche di Great Place To Work indicano che le migliori aziende per cui lavorare hanno ben chiara l’equazione “più benessere uguale più produttività, meno assenteismo, minori costi di turn over”. Per questo sono in crescita i programmi di promozione dell’equilibrio psicologico, come le indagini e i corsi sulla gestione dello stress, di promozione di stili di vita sani, attraverso il movimento fisico e la corretta alimentazione, nonché le soluzioni di flessibilità per bilanciare lavoro e vita extra lavorativa.
Non bastano tuttavia solo i programmi e le politiche aziendali, occorre che anche i manager gestiscano le persone in modo più attento a creare un ambiente emotivamente bilanciato. I manager che lo fanno, si assicurano che le persone abbiano gli strumenti e le informazioni adeguate, creano un ambiente amichevole, promuovendo occasioni di incontro e divertimento, danno a tutti le stesse attenzioni e le stesse opportunità, aiutano le persone a sviluppare il loro pieno potenziale e mostrano comprensione per i loro errori.
Antonino Borgese, presidente Great Place To Work