Per due settimane, dopo le carneficine di Parigi del 13 novembre, la politica estera, la Siria, la lotta al terrorismo e l’accoglienza dei rifugiati sono state in primo piano nella campagna elettorale per Usa 2016, specie in campo repubblicano, prima che il lungo weekend del Ringraziamento stemperasse toni propagandistici e pressione mediatica. Se il senatore della Florida Marco Rubio è emerso come il più “interventista”, sostenendo, in una serie di interviste, la necessità di inviare truppe in Siria e pure in Libia e di avere sul terreno sunniti – e non solo sciiti – che combattano le milizie sunnite jihadiste, Donald Trump e Ben Carson si sono distinti per parole forti e concetti sbagliati, lasciando in qualche caso di stucco la Casa Bianca e i loro interlocutori.
Carson ha definito i rifugiati “cani rabbiosi”, salvo poi compiere una imprevista missione in Giordania per visitare campi profughi e rendersi conto della situazione di persona. Trump ha detto che gli Stati Uniti, per combattere il sedicente Stato islamico, dovrebbero valutare se sorvegliare e chiudere le moschee e non ha escluso la possibilità di schedare i musulmani americani, salvo poi fare marcia indietro su Twitter, mentre la lettera scrittagli da una giovane musulmana diventava virale su Facebook.
Meno chiare di quelle di Rubio le idee di Carson sulla Siria: l’ex neurochirurgo ha denunciato un ruolo della Cina nel conflitto, asserendo di averne le prove. Persino la Casa Bianca ha sussultato: “Per uno che fa il mio mestiere è assurdo rimanere senza parole. Ma in questo caso devo dire di esserlo”, è stata la battuta a commento del portavoce Josh Earnest.
L’offensiva repubblicana contro i rifugiati siriani, già manifestatasi, ma rinfocolata dagli attentati di Parigi, ha indotto il presidente Barack Obama, che in questo periodo ha fatto molte missioni internazionali – il G20 in Turchia, l’Apec in Asia e ora la Cop21 a Parigi -, a reagire. Da Manila, ha accusato di “isteria” quei governatori repubblicani che non vogliono più accogliere profughi siriani: hanno paura – ha detto il presidente – di “vedove e orfani”. “Non prenderemo buone decisioni, se ci baseremo sull’isteria o sull’esagerazione dei rischi”.
Negli Usa, 34 Stati su 50 hanno un governatore repubblicano. Ed almeno 27 governatori, 26 dei quali repubblicani, sono contro i rifugiati siriani. Uno di essi, candidato alla nomination, Chris Christie, del New Jersey, sostiene che gli Stati Uniti non devono accettare alcun rifugiato, “neppure un orfano di cinque anni”. Trump ha definito i rifugiati siriani “cavalli di Troia” e se l’è presa con Obama, chiedendosi se non sia “fuori di testa”.
I repubblicani insistono, anche in Congresso, nel chiedere il blocco dei piani di accoglienza: “La nostra nazione è sempre stata aperta all’accoglienza, ma non possiamo consentire ai terroristi di approfittare della nostra compassione”, afferma lo speaker della Camera Paul Ryan, che ha costituito una “task force” su questo tema. “Dobbiamo essere prudenti e l’azione più responsabile è il blocco del programma sui rifugiati per verificare che non vi siano terroristi infiltrati”.
Dal 2011 gli Stati Uniti hanno accolto solo 1.500 rifugiati dalla Siria, ma l’amministrazione Obama ha annunciato, a settembre, un programma che prevede l’accoglienza di 10mila siriani nel 2016, su un totale di 85mila rifugiati.
Per ulteriori approfondimenti sulle elezioni presidenziali americane, clicca qui per accedere al blog di Giampiero Gramaglia, Gp News Usa 2016