Pubblichiamo la seconda parte dell’analisi del generale Carlo Jean; la prima parte si può leggere qui
Gli analisti strategici hanno elaborato quattro scenari sull’evoluzione del contrasto russo-turco, cercando di prevederne le conseguenze. Il primo è di un’escalation che sfugga alla mano di entrambi i protagonisti. Vi sarebbero nuovi sconfinamenti aerei, nuovi abbattimenti, l’intervento anche sul territorio turco dei potenti missili S-400, che la Russia si appresta a schierare a Latakia. La Turchia potrebbe chiudere il Bosforo. Al limite potrebbe scoppiare un conflitto, in cui Ankara riceverebbe l’appoggio della NATO e forse anche quello dell’UE, terrorizzata dalla possibilità che Ankara riversi sull’Europa il paio di milioni di siriani, rifugiatisi sul suo territorio.
Un secondo scenario, improbabile come il precedente, è il ritorno alla situazione quo ante. Esso richiederebbe comunque un incontro fra Putin ed Erdogan e lo scambio di scuse reciproche. Il terzo consiste nel congelamento dell’attuale conflitto, mantenendolo a livello verbale, evitando nuove provocazioni e atti che potrebbero comportare un’escalation. Tacitamente i russi non attaccherebbero più gli insorti turcomanni o turchi siriani, mentre Ankara irrigidirebbe la sua politica nei confronti dell’ISIS. Verrebbero evitate nuove sanzioni. Il quarto sarebbe simile al terzo, ma comporterebbe una mediazione da parte dell’Azerbaigian o del Kazakistan, un alleggerimento progressivo delle sanzioni e forse anche semplici dichiarazioni di rammarico e accordi tecnici su come evitare nuovi incidenti. I due ultimi scenari mi sembrano più probabili.
Più chiare sono le conseguenze degli attuali contrasti fra Ankara e Mosca. La Turchia, che ha ricevuto un’immediata dichiarazione di sostegno da parte degli USA, rafforzerà i suoi legami con la NATO. Probabilmente aumenterà l’entità del contingente militare che resterà in Afghanistan. Forse intensificherà, come auspica Washington, la cooperazione con i paesi dell’Intermarium ponto-baltico, nuova linea di contenimento della NATO nei confronti della Russia. Il processo di pace in Siria, in corso di negoziato a Vienna, subirà rallentamenti e conoscerà ulteriori difficoltà. La Russia appoggerà maggiormente le rivendicazioni curde, specie in Siria. Verranno abbandonati molti dei progetti economici fra la Turchia e la Russia. Privata anche del mercato russo, la Turchia cercherà di migliorare il commercio con l’UE. Particolarmente colpiti saranno il suo turismo e la sua agricoltura. Il 29 novembre Putin e il premier israeliano Netanyahu si sono incontrati durante la conferenza sul clima. Sembra che si siano accordati sull’aumento delle esportazioni israeliane in Russia di frutta e verdura, carenti sul mercato russo anche per le contro-sanzioni imposte da Putin sulle importazioni agricole dall’UE. Insomma, Israele ne approfitta.
La situazione non potrà tornare quella di prima. Verranno riesumati i ricordi delle guerre avvenute fra l’impero ottomano e quello zarista, tanto più che, fra le sanzioni previste da Mosca, vi è anche quella di considerare reato la negazione del genocidio degli armeni, con misure simili a quelle relative al “negazionismo” della shoah. Insomma, lo scontro continuerà, dato che i protagonisti rimarranno prigionieri della propria retorica a uso soprattutto interno.