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Papa Francesco e i rischi per le scuole cattoliche

C’è stata in Vaticano, nell’incontro di Papa Francesco con l’Agesc (associazione dei genitori delle scuole cattoliche), una calorosa udienza con genitori, ragazzi, docenti, dirigenti delle istituzioni educative del mondo cattolico in Italia, per rappresentare al Pontefice la loro difficile e complessa opera scolastica. Francesco non ha mancato di far sentire il Suo affettuoso sostegno ai partecipanti e a tutte le famiglie della scuola cattolica. Il Papa, considerando la spinosa missione dei genitori e degli educatori, ha trasmesso parole di coraggio nel delicato compito svolto, avvertendo che non tutto è semplice, anche ciò che appare acquisito, come il significato e il senso stesso di scuola cattolica. Infatti, egli ha confessato agli intervenuti: “Prego il Signore perché la scuola cattolica non dia mai per scontato il significato di questo aggettivo! Infatti, essere educatori cattolici fa la differenza”.

Riflettendo a voce alta ha spiegato che il termine cattolico nella fattispecie è particolare, non lo si può ridurre ad una semplice e ordinaria qualificazione, esplicitando con chiarezza quali siano i requisiti perché una scuola possa dirsi veramente cattolica: “La scuola cattolica deve trasmettere una cultura integrale, non ideologica e, in concreto, è chiamata a favorire l’armonia delle diversità”. Insistendo sul concetto di “Gettare ponti”, il Papa ha sottolineato l’alta missione che hanno gli istituti cattolici nella crescita della persona umana, nella formazione delle coscienze degli allievi. Le attività educative devono sempre essere indirizzate alla costruzione di una vera unione, in un tempo in cui la divisione genera esclusione, emarginazione. La creazione dell’armonia deve caratterizzare l’impegno degli operatori educativi nella scuola cattolica, come pure la sobrietà del lavoro deve distinguersi, senza tanti clamori né retorica.

Bisogna, insomma differenziarsi, guardando soprattutto ai contenuti dal punto di vista della qualità, contribuendo quotidianamente a delineare progetti formativi in sé, finalizzati alla crescita culturale degli studenti e della società, senza mai dimenticare che la scuola è frequentata sì da figli di famiglie che possono consentirsi di scegliere la cattolica paritaria, ma anche da coloro che vivono condizioni di difficoltà socio-economiche, da ultimi, da rifiutati, da scartati, per cui tutti devono essere trattati allo stesso modo. Un principio antico che fu alla base della nascita delle scuole cattoliche: aiutare i più bisognosi ad emanciparsi. Gli educatori cattolici, più degli altri, devono guardare agli allievi sempre come persona mai come contenitore da riempire di nozioni. La visione cristiana dell’Uomo e della Società deve caratterizzare la missione della scuola cattolica.  Il Pontefice ha ricordato inoltre un antico e importante principio: compete ai genitori il diritto/dovere irrinunciabile di educare i figli, in maniera integrale, collaborando con la scuola nella sua opera di formazione.

Papa Francesco, anche se in modo sommesso, ha voluto ricordare che la crisi economica ha fatto chiudere molte scuole cattoliche, cosa che non deve provocare sentimenti di scoramento o di abbandono, bisogna, invece, incrementare l’azione meritoria che la scuola cattolica svolge. La qualità vince sempre nella competizione con la quantità.

Le affermazioni del Papa interrogano soprattutto la politica sulla questione scuola pubblica statale e scuola pubblica paritaria, che in altri paesi europei è stata risolta da tempo, come nella laicissima Francia, mentre da noi ancora continuano dispute ideologiche ridicole e senza senso. Ricordando il grande vigore e la diffusa passione esercitati nel promuovere le privatizzazioni delle diverse aziende di Stato appare anacronistico l’atteggiamento di governo e forze politiche nel non volerne discutere. Informazione, banche, trasporto, sanità, risorse idriche ed energetiche hanno tutti i loro bravi e consistenti finanziamenti di Stato, fortunatamente, non si capisce perché le scuole paritarie cattoliche devono essere costrette alla chiusura per mancanza di interesse da parte delle autorità di governo.

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