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Che combina l’Italia sull’Ucraina?

putin russia

L’Italia deve mantenere una omogeneità di linea politica con l’Ue e con gli Stati Uniti, sia rispetto alla Russia sia a qualsiasi altro problema di politica internazionale. Guai se Roma facesse quello che i populisti nazionalisti chiedono, cioè di andare per conto proprio. Così Massimo Teodori commenta la posizione della Penisola sul rinnovo delle sanzioni alla Russia in sede europea, alla luce degli ultimi fatti.

I FATTI

L’Italia ha chiesto ieri l’apertura di un dibattito politico sulle sanzioni economiche dell’Unione europea alla Russia, in scadenza il 31 gennaio prossimo. Roma non ha infatti approvato la proposta di rinnovo “automatico” per sei mesi, chiedendo alla presidenza di turno lussemburghese che il tema fosse affrontato prima di procedere. Per questo la presidenza, spiega l’Ansa, “ha tolto il tema dall’ordine del giorno riservandosi di valutare se riproporlo in una nuova riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti, il Coreper, al Consiglio esteri in programma lunedì prossimo o al vertice dei leader che si terrà giovedì e venerdì della prossima settimana (17-18 dicembre)”. La posizione assunta dall’Italia, però, sembra isolata e non solo rispetto a quella dell’altra sponda dell’Atlantico, ma anche nello stesso Vecchio continente.

UNA SCELTA INASPETTATA

La scelta italiana, scrive sul Sole 24 Ore Beda Romano, “ha sorpreso a Bruxelles perché l’assenso dei Ventotto era dato per certo, provoca nuova incertezza, anche se molti diplomatici si aspettano comunque il rinnovo delle misure”. Tuttavia la posizione di Roma spiazza, perché la decisione “se rinnovare o meno le misure economiche deve essere presa all’unanimità dei Paesi membri”. E “la decisione è giunta dopo che le delegazioni nazionali avevano già messo a punto il testo giuridico che materialmente stabilisce le sanzioni”.

L’ATTEGGIAMENTO DI PARIGI E BERLINO

Certo, come rileva sempre il quotidiano confindustriale in un’analisi di Attilio Geroni, “il fronte europeo delle sanzioni alla Russia” potrebbe non essere “più così compatto”. “Nel caos generale”, rimarca l’articolo, una emerge: “L’equazione mediorientale in questo momento più difficile e urgente da risolvere assieme alla lotta all’Isis – la Siria – non può fare a meno della Russia. Anzi, nessuna delle due può fare a meno di Mosca perché a loro volta sono interdipendenti. Apparente paradosso, i primi ad averlo compreso sono gli americani, che con Putin hanno da tempo riallacciato il dialogo, cosa inimmaginabile soltanto pochi mesi fa”. Ad esempio, in questo frangente, “Francia” (che bombarda in Siria con i russi) “e Italia sono sulla stessa lunghezza d’onda e stanno lavorando da tempo perché il capitolo delle sanzioni segua una qualche evoluzione e non venga perpetuato come se nulla, in questi ultimi mesi, fosse accaduto”. Parigi e Berlino, però non hanno assunto una posizione come quella dell’Italia. Eppure anche la Germania e la Francia hanno “legami economici importanti con Mosca, senza dimenticare che la linea dura imposta dalla cancelliera tedesca Angela Merkel sulle sanzioni non ha impedito a Berlino di raddoppiare il gasdotto Nord Stream”.

LA SPACCATURA

Roma e il resto dei Paesi di Bruxelles sono dunque divisi. Mentre “i Paesi con un rapporto più stretto con la Russia, Cipro, Italia e Ungheria ritengono che il dialogo è più importante che cercare di punire il Cremlino”, rileva la Reuters, “le nazioni dell’Est dell’Ue” guardano con favore a un lungo protrarsi delle sanzioni economiche. Non a caso il presidente polacco dell’Ue, Donald Tusk, come raccontato da Formiche.net, ha detto ieri in una riunione con i deputati del Partito popolare europeo che “le sanzioni verso la Russia rimarranno fino a quando non verrà rispettato l’ accordo di Minsk”.

UN CONFLITTO SANGUINOSO

Perché se è vero che le sanzioni, oltre all’economia russa, colpiscono in misura minore anche quelle di Usa ed Europa, l’esigenza di continuare a fare pressione su Mosca è dettata soprattutto da motivazioni di natura umanitaria. Malgrado una riduzione delle ostilità in alcune parti dell’Est del Paese, secondo il 12mo rapporto della Missione delle Nazioni Unite sui diritti umani in Ucraina persistono “gravi preoccupazioni” relative alla situazione dei diritti umani. Il conflitto di Kiev, rimarca lo studio dell’Onu, ha causato finora oltre 9mila morti (per la precisione 9.098 morti a metà aprile 2014 e 20.732 feriti al 15 novembre scorso).

LE PAROLE DI BIDEN

Il problema era stato affrontato solo pochi giorni fa proprio dagli Stati Uniti. “Nonostante siano stati compiuti dei progressi nella riduzione delle violenze” nel conflitto nell’Est dell’Ucraina, ha detto l’8 dicembre il vice presidente Usa Joe Biden intervenendo al parlamento di Kiev, “non si possono togliere le sanzioni” contro Mosca per la crisi ucraina finché questa “non avrà eseguito tutti i suoi obblighi“. “Gli Usa – ha aggiunto – continueranno a premere finché Mosca non avrà eseguito tutti i suoi obblighi nel quadro degli accordi di Minsk“. Facile, dunque, ipotizzare che la posizione italiana ponga Palazzo Chigi in una situazione di sostanziale isolamento, provocando malumori negli Stati Uniti, tra i più fermi nel condannare l’aggressività di Mosca nei confronti di Kiev. In più, fanno notare diversi osservatori, tutto ciò avverrebbe a pochi giorni dalla conferenza di domenica sulla Libia, organizzata da Roma e Washington proprio nella capitale italiana.

LA SPIEGAZIONE ITALIANA

Vista la solitudine della proposta italiana, Roma ha spiegato: “Abbiamo chiesto una discussione sulla questione”, ha detto Tiziana D’Angelo, portavoce della Rappresentanza permanente dell’Italia presso l’Unione. “Noi pensiamo che sia un argomento importante e merita almeno un rapido scambio di punti di vista”, ha aggiunto, “anche se non vi è disaccordo sulla sostanza”.

LE RAGIONI DELLA PROPOSTA

Ciò detto, s’interroga ancora il Sole 24 Ore con Beda Romano, “c’è da chiedersi perché l’Italia abbia preso questa decisione. Non c’è dubbio che il rapporto con la Russia sia in evoluzione” e che ci sia “il desiderio dell’Occidente di collaborare con Mosca nella lotta contro l’Isis”. Un quadro che, per alcune capitali, come Roma, andrebbe colto “per sospendere le sanzioni”. In questo contesto, “la diplomazia italiana ritiene che una discussione politica sia appropriata”. Non si può escludere, prosegue Romano, “che dietro alla decisione italiana vi sia il desiderio del presidente del Consiglio Matteo Renzi di mostrare a Parigi e a Berlino che Roma non sempre si allinea in automatico ai loro desiderata, in un contesto in cui la crisi dei rifugiati sta provocando critiche contro la gestione italiana delle frontiere esterne dell’Unione”. Per tutta risposta, “molti diplomatici fanno notare che l’abolizione delle misure – che includono tra le altre cose un embargo sull’export di armi, di beni e tecnologia a uso militare, di prodotti legati al settore energetico – è legata alla piena applicazione dell’Accordo di Minsk, firmato in febbraio”. Un nodo che ritorna. Perché “quest’ultimo prevede l’adozione di tutta una serie di misure nella parte orientale dell’Ucraina che per ora – a sentire di molti, se non di tutti – non sono ancora state pienamente introdotte”.

L’ANALISI DI TEODORI

Proprio questa resta, al momento, la debolezza più grande della posizione italiana che rischia di staccarsi da quella degli alleati occidentali. “Quello che ha chiesto Matteo Renzi“, commenta a Formiche.net Massimo Teodori, storico, scrittore e componente del board del Centro Studi Americani di Roma, “è di aprire una discussione politica che non si adagi su un rinnovo automatico delle sanzioni, che pesano su alcuni Paesi europei. Questa mi sembra una giusta esigenza. Rimproveriamo spesso alle nostre autorità di non far sentire la voce di Roma in sede europea. Ma ​nel merito”, aggiunge, “l’Italia deve essere in grado di conciliare ciò col mantenimento di una omogeneità di linea politica con l’Ue e con il partner atlantico sia rispetto alla Russia sia a qualsiasi altro problema di politica internazionale. Guai se Roma facesse quello che i populisti nazionalisti chiedono, cioè di andare per conto proprio”.

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