Domenica è stato ucciso a Gazantiep, in Turchia a pochi chilometri dal confine siriano, Naji Jerf, giornalista, attivista siriano, documentarista, che ha spesso collaborato con il movimento “Raqqa è uccisa silenziosamente” (Raqqa is Being Slaughtered Silently, RBSS), entità che dall’aprile del 2014 racconta segretamente le atrocità della vita nella capitale de facto dello Stato islamico. A comunicare l’uccisione è stato proprio l’account Twitter del gruppo.
Our movie director Naji Jerf “father of 2 kids” was assassinated by suppressor gun today in Gaziantep “#Turkey” pic.twitter.com/F3TFZyAwk9
— الرقة تذبح بصمت (@Raqqa_SL) 27 Dicembre 2015
Trentottenne di Salamiyya (Siria orientale, tra Hama e Homs), padre di due figlie, Jerf è stato colpito due volte alla testa con un’arma da fuoco all’uscita di un ristorante: i proiettili, sparati da una pistola con silenziatore, sarebbero stati sparati da due uomini scesi e risaliti da un’auto in pochi secondi. Jerf è stato avvicinato nel parcheggio del locale, in pieno giorno, in mezzo ad una strada trafficata in cui sembra si trovino anche alcune telecamere di sicurezza; è morto in ospedale dopo i primi soccorsi.
Secondo Agence France Press aveva ottenuto per sé e per la sua famiglia un visto per ricevere asilo politico in Francia, Liberation scrive che aveva già una prenotazione su un volo odierno della Turkish Airlines diretto a Parigi.
L’ATTIVITÀ PROFESSIONALE
Jerf, che anche espresso posizioni contrarie al regime siriano, ha curato la regia di un documentario uscito pochi giorni fa su Youtube in cui si parla delle pessime condizioni di vita a cui sono costretti gli abitanti delle aree occupate dall’Isis ad Aleppo, e della caccia che lo Stato islamico dà agli attivisti come lui. È stato redattore capo di Hentah, una rivista siriana in cui si mescolano storie di vita quotidiana in Siria, analisi politiche e editoriali contro il regime siriano e contro l’Isis. Già tempo fa era uscito indenne da una tentativo di omicidio: una bomba era stata trovata sotto la sua auto.
Riconoscimenti. RBSS ha vinto quest’anno l’International Press Freedom Award ed è considerata una fonte diretta molto affidabile, che si muove in aree come quelle di Raqqa e dintorni dove normalmente i giornalisti non possono entrare.
GLI ATTACCHI DELL’ISIS
Il movimento è nel mirino dell’Isis da diversi mesi, che ha designato gli attivisti/giornalisti come spie da eliminare: «Non sarete mai al sicuro. La nostra mano vi raggiungerà ovunque voi siate» tuonavano i baghdadisti in un video. Vari dei componenti di RBSS sono stati uccisi in circostanze misteriose, per cui si è spesso incolpato uomini mandati dal Califfato. L’ultimo in ordine cronologico è stato Ahmad Mohamed Mussa, ucciso da uomini a volto coperto ad Idlib, nel nordest siriano.
Precedenti. L’assassinio di Jerf è il secondo ad essere avvenuto in Turchia nel giro di pochi mesi. Il Committee to Protect Journalists ha condannato l’assassinio di domenica: «I giornalisti siriani fuggiti in Turchia per la loro sicurezza non sono affatto sicuri» dice la nota. A fine ottobre sono stati uccisi gli attivisti Ibrahim Abdel Qader e Fares Hamma, anche loro legati a RBSS, trovati decapitati in un appartamento di Sanliurfa (Urfa), sempre in Turchia. Erano stati traditi da un uomo che li aveva avvicinati fingendosi un soldato pentito del Califfato. All’inizio di novembre, anche il presidente dell’associazione avvocati curdi e attivista Tahir Elci, è stato ucciso da uomini armati sconosciuti in una strada a Diyarbakir, nella Turchia curda, non lontano da Urfa.