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Tutti gli attriti fra Aran e sindacati sulla rappresentanza

Continua la disputa tra l’Aran e le Confederazioni sindacali sul contratto collettivo nazionale quadro oltre che sul numero e sulla tipologia dei comparti della Pubblica Amministrazione. Da circa un mese in casa Aran esiste una situazione di stallo tra l‘Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche Amministrazioni e le Confederazioni sindacali della dirigenza dell’apparato amministrativo. Oggetto della contesa? La certificazione delle deleghe sindacali raccolte entro il 31/12/2014.

L’ultima battaglia tra i due fronti ha visto le rappresentanze delle Confederazioni sindacali opporsi e rifiutare la firma della certificazione delle deleghe. L’accusa che viene mossa all’esecutivo di Matteo Renzi è, prima di tutto, la mancanza di un atto di indirizzo, scritto ed ufficiale, da parte del ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia in merito al tema della rappresentanza sindacale, oltre all’assenza di una dichiarazione ufficiale, questa volta sia del ministro della P.A. sia del capo dell’esecutivo sulla certificazione di dette deleghe.

La questione principale è che la certificazione delle deleghe in questione, per il prossimo triennio 2016-2018, si applica sulla base dei comparti attuali e non “sulla base della futuribile applicazione della legge Brunetta e della riforma Madia”, come ha sottolineato il segretario generale della Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della Pubblica Amministrazione, Stefano Biasioli.

Per capire e comprendere la questione fino in fondo è necessario fare un passo indietro e tornare alla legge Brunetta del 2000 che prevedeva, e prevede tuttora, che la pubblica amministrazione sia suddivisa in comparti “fino ad un massimo di quattro”. Il presidente dell’Aran, Sergio Gasparrini, aveva ipotizzato che il numero delle Aree fosse ridotto a tre: scuola, sanità, altri componenti della P.A.. Di fronte al “no” generale di tutte le confederazioni, lo stesso presidente aveva promesso di approfondire la questione con la parte pubblica. Qui si è inserita la sua nuova proposta: identificare i comparti sulla base di due elementi, la forte caratterizzazione dell’aggregazione e la quantità del personale da aggregare, da cui ne deriverebbero quattro comparti: educazione, sanità, poteri centrali (Ministeri ma non solo) e poteri locali (Regioni ed Enti Locali). Secondo Gasparrini, tre comparti su quattro avrebbero ricalcato la struttura attuale, con poche variazioni della rappresentatività e senza la necessità di interventi legislativi. Si sarebbe quindi avviato un percorso non facile ma forse risolutivo dello stallo in atto.

Ed è qui che si inserisce il dibattito perché, la raccolta delle deleghe realizzata entro il 31 dicembre del 2014 per il mondo sindacale non può essere applicata ai nuovi comparti ad oggi ancora indeterminati, sia come numero che come tipologia. L’esempio che meglio identifica il problema è quello che coinvolge il settore della Ricerca e dell’Università. Bisognerà infatti capire se i due comparti saranno inseriti in quello dell’istruzione oppure in nel comparto dei ministeri. A seconda dell’una o dell’altra ipotesi cambierebbe il sistema della rappresentatività.

La cosa finora certa è che la soluzione al problema impatterà certamente sulla rappresentatività sindacale, sui distacchi, sui permessi e sulla vita stessa di alcune Confederazioni autonome, minori di peso ma altamente specializzate.

Lo stallo tra l’Aran e le Confederazioni sindacali, però, pone anche un’altra questione. Secondo il comma 10, art.43, del d.lgs.165/2001, infatti, in caso di dissenso tra la parte pubblica e le Confederazioni, il problema verrebbe affidato al Cnel, il Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro, organo che seppur ridotto e limitato nella sua autonomia, dopo l’annuncio fatto un anno fa del premier di averlo eliminato, ad oggi è ancora vivo e vegeto. Ai consiglieri sono stati tagliati i rimborsi spesa ma al Cnel c’è ancora un apparato che continua a respirare. Se il Cnel continuerà a sopravvivere, continueranno ad esistere anche le funzioni costituzionalmente affidate ad esso, tra queste, quella di dirimere i contrasti esistenti tra Aran e Confederazioni sindacali sul tema del contratto collettivo nazionale quadro.



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