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Rouhani e la Venere

L’Etruria era una regione antica dell’Italia centrale, la VII tra le regioni dell’Italia augustea, che comprendeva la Toscana, parte dell’Umbria occidentale fino al fiume Tevere, il Lazio settentrionale fino a Roma e i territori liguri a sud del fiume Magra. Quanto alla popolazione, Plinio il Vecchio racconta che in Etruria, i Pelasgi cacciarono gli Umbri, ma ne furono cacciati a loro volta dai Lidi. Dal nome del re di questi ultimi, presero il nome di Tirreni, più tardi chiamati con il termine greco di Tusci, derivante dal rito sacrificale (verbo greco thýo = sacrificio). Fin qui nell’antichità. Oggi quell’area è abitata dai Massoni, una popolazione che prende il nome dall’inglese Freemason (‘’liberi muratori’’, una definizione tradotta in italiano come frammassoni, poi solo massoni) e che, come costume nazionale, invece del kilt indossa il grembiulino.

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La brutta figura del coprifuoco sul nudo statuario ha fatto il giro del mondo. Ovviamente è stato anche un argomento sfizioso dei talk show. Talvolta, qualche ospite – per eccesso di zelo o semplicemente ammanicato con l’Eni – si è spinto fino a giustificare quella sciagurata scelta criticata quasi da tutti. La linea di difesa si fondava su di un presupposto: essendo l’Iran un partner troppo importante è stato giusto evitare qualsiasi incidente che potesse turbare la serenità del nostro esimio ospite, il quale evidentemente non batte ciglio davanti ad un migliaio di esecuzioni, ma potrebbe sentirsi mancare vedendo due belle natiche. Alla prova dei fatti,  abbiamo trattato Rouhani (non ho mai capito dove va messa la h, visto che anche i giornali fanno come gli pare) alla stregua di un bigotto che non sa distinguere l’arte dalla pornografia. Ma forse alla base di quella decisione esiste qualcosa di ancora più grave. Se fossero i nostri uffici a non capire dove sta la “piccola differenza’’ tra la statua di Venere e la foto ‘’nature’’ di un’attricetta discinta in cerca di visibilità?

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A Massimo Giannini gli è proprio scappata. Anche perché è proprio eccessivo immaginare un rapporto incestuoso con una banca. Credo che, martedì prossimo, il conduttore di Ballarò debba ammettere l’errore, scusarsi in diretta e chiuderla lì. Però, in questa vicenda, c’è una nemesi storica per un ex vice direttore di Repubblica. Furono loro ad inventarsi “l’editto bulgaro’’ del povero Berlusconi contro Michele Santoro. Chi di editto ferisce, di editto rischia di perire. Io ovviamente mi auguro di no.

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