Una data va sottolineata in rosso nel calendario della storia di Intesa Sanpaolo: il 26 febbraio. Quel giorno, infatti, l’assemblea del gruppo guidato dal consigliere delegato Carlo Messina si riunirà per dare il via alla nuova governance, che prevede l’approvazione del nuovo statuto e in particolare il passaggio dall’attuale sistema duale, basato su consiglio di gestione e di sorveglianza, a quello monistico, che poggia invece su un solo organo. Come annunciato nei giorni scorsi dall’attuale presidente del consiglio di gestione di Intesa, Gian Maria Gros-Pietro, la Bce avrebbe già dato il via libera alla modifica dello statuto della banca in questo senso.
PERCHÉ SI TORNA AL SISTEMA MONISTICO
Il sistema di governance duale era stato scelto per dare spazio alle diverse anime e alle diverse istanze coinvolte nella fusione del 2007 tra la milanese Intesa e la torinese Sanpaolo Imi. Un modello che, tuttavia, alla prova dei fatti, si è dimostrato superato poiché tende a ingessare le decisioni e a rendere meno snello il funzionamento della macchina societaria. Intesa, non a caso, è l’unico grande gruppo che ancora conserva il duale. Altre società quotate in Borsa come Mediobanca e la multiutility A2a da tempo lo hanno abbandonato.
IL RINNOVO DEI VERTICI
Se l’assemblea che sancirà il passaggio di Intesa a una governance basata su un unico organo decisionale si riunirà il 26 febbraio, dovrebbe essere in calendario per il 29 aprile quella che nominerà i componenti del nuovo consiglio di amministrazione. Sulla questione si è espresso il primo di febbraio, in una intervista ad Affari & Finanza di Repubblica, Luca Remmert, numero uno della Compagnia di San Paolo, fondazione prima azionista singola della banca con una partecipazione del 9,37 per cento. “Va costruito un consiglio compatto ed eterogeneo nelle figure”, ha detto Remmert, prima di aggiungere: “Ogni azionista non si potrà occupare solo del proprio orto senza una visione d’insieme. I soci della prima banca del paese hanno il dovere di mettere attorno al tavolo persone che facciano squadra”.
Storicamente, all’ente torinese, già azionista di peso del Sanpaolo Imi, è spettata la scelta del presidente del consiglio di gestione del gruppo bancario, mentre la Fondazione Cariplo di Giuseppe Guzzetti, azionista al 4,84%, ha sempre avuto maggiore voce in capitolo sull’amministratore delegato. Con il passaggio al monistico, la Compagnia dovrebbe decidere il presidente unico, mentre sulla poltrona di consigliere delegato sembra pacifica la conferma di Carlo Messina.
L’USCITA DI BAZOLI
Il rinnovo ai vertici, peraltro, sancirà l’uscita di scena dello storico timoniere di Intesa degli ultimi trent’anni e rotti, Giovanni Bazoli. Classe 1932, Bazoli non soltanto è colui che trasformò il Nuovo Banco Ambrosiano nato all’inizio degli anni Ottanta dalla ceneri del vecchio nell’attuale gruppo bancario nato sull’asse tra Milano e Torino, ma è stato il principale rappresentante della finanza cattolica degli ultimi venti anni almeno; l’unico in grado di contrastare lo strapotere di Mediobanca ai tempi della guida di Enrico Cuccia. A ogni buon conto, Bazoli resterà in Intesa come presidente emerito per il prossimo triennio.
IL NODO PRESIDENZA E I NOMI
Posto dunque che Messina dovrebbe essere confermato ad e che Bazoli resterà nella banca con un ruolo più formale che operativo, la vera partita si gioca ora sul nuovo presidente di Intesa Sanpaolo. “La Compagnia ha il diritto-dovere di fare una proposta sul presidente”, ha detto Remmert nell’intervista. I nomi che circolano da un po’ di mesi a questa parte sono Gros-Pietro, che sarebbe sostanzialmente riconfermato, e i due ex ministri dell’Economia Fabrizio Saccomanni e Domenico Siniscalco. “Tre figure diverse e di alto livello”, ha commentato Remmert, sebbene il numero uno della Fondazione sembri leggermente schierato a favore di Gros-Pietro. “Ha le caratteristiche – ha detto Remmert dell’attuale presidente del consiglio di gestione di Intesa – e in più conosce la macchina. E i numeri positivi che sta producendo la banca sono sicuramente merito suo, oltre che dell’ad Messina e di Bazoli”. A breve, nel giro di qualche mese, si scoprirà se Gros-Pietro sarà o meno riconfermato.
Il nome di Siniscalco era spuntato per la presidenza del consiglio di gestione già all’epoca del rinnovo dei vertici della banca del 2010. Era in lizza con il professore della Bocconi Andrea Beltratti, sostenuto dall’allora vice presidente della Compagnia, Elsa Fornero (che nel 2011 diventerà ministro del Lavoro col governo di Mario Monti). Ma l’ex ministro del Tesoro non aveva gradito di non essere l’unico nome in ballo e così aveva deciso, di punto in bianco, di chiamarsi fuori dai giochi Beltratti ebbe così strada facile.