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Cosa unisce e cosa divide Bertolaso, Marchini e Storace

Le aggrovigliate vicende politico-elettorali vissute sin qui dai diversi partiti del fu centrodestra organico della fase della Casa delle Libertà hanno condotto alla indicazione di tre candidati sindaci che dovrebbero, almeno in teoria, avere la capacità di ottenere il consenso elettorale proveniente per l’appunto dai soggetti politici. Questi avevano dato vita alla Casa delle Libertà e avevano trovato nelle elezioni il consenso popolare in vario modo riconducibile ai partiti che avevano concorso alla fase politica della Casa delle Libertà, prima che si desse vita al Pdl.

Un vago sapore di nostalgia si coglie pertanto nella indicazione di Guido Bertolaso da parte del recentissimo tripartito Forza Italia-Lega Nord-Fratelli d’Italia: nostalgia dell’antico protagonista della Protezione Civile; nostalgia della vecchia Casa delle Libertà quasi a non riuscire a fare i conti con i numerosi mutamenti intervenuti in seguito alla scomposizione del Pdl e alla potenziale mutazione persino antropologica della antica Lega Nord; nostalgia della vecchia contrapposizione al centrosinistra un tempo dominato dai discendenti dal Pds e non già, come oggi, guidato da Matteo Renzi.

Mancano dunque le condizioni, anche minime, perché questa nostalgia possa produrre un richiamo tale da consentire a Bertolaso di competere con successo nelle elezioni per la carica di sindaco di Roma.

Ma, persino sul versante della nostalgia, la proposta del nuovissimo tripartito del centrodestra appare incompleta.

Se infatti assisteremo anche alla candidatura di Francesco Storace, è di tutta evidenza che l’appello della nostalgia finirà con l’avere almeno due modulazioni differenti, tali da non suscitare passioni elettorali vittoriose nella prossima competizione elettorale comunale.

Discorso in parte diverso deve invece farsi in riferimento all’appello al cambiamento che proviene da Alfio Marchini.

In questo caso siamo infatti in presenza di un appello al cambiamento che si muove nel solco della fortissima domanda di rinnovamento che sale da Roma, soprattutto all’indomani della durissima vicenda di Mafia Capitale.

Una domanda di cambiamento complessivamente radicale: se questa richiesta evolve soprattutto in senso antipartitico (quali che siano i partiti conto i quali la domanda stessa si manifesta) è di tutta evidenza che non vi sarà spazio per chi – come Marchini – cerca di combinare appunto cambiamento e nostalgia.

Più che un generico e stancamente rituale appello alla società civile, la candidatura di Marchini appare idonea, perché credibile per la ricerca dell’equilibrio: il sostegno dei segmenti partitici che hanno scelto Marchini finirebbe in tal caso con l’essere orientato verso un altro centrodestra e non contro i partiti politici in quanto tali.

L’appello al voto di opinione finirebbe in tal caso con l’essere orientato al cambiamento senza connotazioni duramente antipartitiche.

La partita elettorale romana – per quel che concerne il centrodestra – appare pertanto tutta interna alle pulsioni attuali: centrodestra classico modello Casa delle Libertà come a Milano; o tensione tra un residuo tripartito nostalgico (come appare oggi il tripartito FI-Lega-FdI) e un diverso schieramento politico che aspiri ad una nuova centralità post-renziana e che quindi mostri di voler tenere conto delle novità intervenute in riferimento al popolo, in Italia, in Europa e nella attuale fase geopolitica, a cominciare dal Mediterraneo.

La radicale differenza tra Milano e Roma per quel che riguarda il centrodestra dovrà essere completata almeno con la situazione napoletana, che sembra orientarsi nel segno di una scelta tra passato remoto e passato prossimo, quasi che non si riesca in alcun modo a progettare il futuro indispensabile per Napoli.

Questa rilevantissima varietà di situazioni (pur ad essere costretti a prescindere dalle altre significative realtà locali chiamate a votare prossimamente) testimonia la difficoltà di vedere nella prossima tornata amministrativa un fatto di per sé significativo per il contesto nazionale.

Soltanto eventi compiutamente traumatici, in un qualunque senso, potrebbero determinare conseguenze automatiche per gli assetti politici nazionali attuali.

Vecchia e nuova centralità da un lato; mutevole equilibrio tra nostalgia e cambiamento dall’altro; partiti (anche se liquidi) e movimenti dall’altro ancora potranno trovare delle indicazioni significative nelle imminenti elezioni locali, senza peraltro che sia fornita una qualche prospettiva onnicomprensiva.

Come è accaduto in altre stagioni di passaggio da una fase all’altra della politica nazionale, le elezioni locali saranno fortemente condizionate ad un tempo da vicende nazionali e dalle specificità locali, talvolta vissute come anticipazioni degli eventi nazionali, e tal’altra come irriducibile localismo.

L’imminente vicenda elettorale romana offre pertanto al centrodestra la specifica questione del rapporto tra nostalgia e cambiamento.

Il risultato finale dipenderà ovviamente molto da quel che decideranno gli altri, partiti o movimenti che siano.


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