Nelle università italiane sta accadendo un fatto che non è per nulla strano. Da qualche tempo, grazie alla legge Gelmini, anche le università sono sottoposte a valutazioni (cosiddette VQR, Valutazioni della Qualità e Ricerca) che richiedono a ricercatori e docenti di ciascun ateneo di trasmettere uno o due “prodotti della ricerca” realizzati in un tot di anni. Tale valutazione è svolta da colleghi, in forma anonima secondo il medesimo schema già operativo in tutto il mondo civile (non in Cina, però, né nell’ex Urss o in Yemen). Una parte (purtroppo minima) dei finanziamenti pubblici agli atenei è legata all’esito di tale valutazione. Di conseguenza gli atenei che hanno personale docente più “scarso” riceveranno meno fondi di quello con personale qualitativamente superiore. Tale meccanismo – giudicato da taluni colleghi perverso – costringe gli atenei a selezionare solo i migliori docenti, realizzando una sana competizione verso l’eccellenza.
Alcuni colleghi si oppongono con forza alla valutazione della loro ricerca (ROARS per maggiori dettagli), e con uguale forza si oppongono all’idea che possa esserci sia competizione tra docenti e atenei sia una premiazione per merito anziché che appartenenza. Certo, la procedura di valutazione deve essere migliorata, resa più autonoma e indipendente, più chiara e onesta, ma siamo alla seconda sperimentazione e quindi è normale che questa ancora non sia perfetta. Però boicottare la valutazione della ricerca significa boicottare l’idea stessa di una università al servizio del Paese, del bene comune, dell’interesse generale (parole che dovrebbero essere care ai “boicottatori”); significa continuare a vedere l’università come un ammortizzatore sociale (l’ennesimo!) che deve dare a tutti un po’, in misura uguale, perché tutti sono uguali.
No, io credo alle VQR, anche se boccerà i miei lavori; e spero che in futuro il ministero dell’Istruzione condizioni la stragrande maggioranza delle risorse pubbliche proprio all’esito della VQR. È questo il modo migliore per non costringere i migliori ad andare all’estero dove la competizione è normale e il merito l’unica regola di selezione. Amici boicottatori la Cina è lontana, per fortuna.